MILANO. "Le lasciavo due biberon di latte, due bottigliette d’acqua, pensavo che bastasse”. Così nell'interrogatorio oggi nell'aula del Palazzo di giustizia di Milano Alessia Pifferi, la donna accusata di omicidio volontario pluriaggravato per aver lasciato morire di stenti nella sua culla la figlia Diana di soli 18 mesi.
La donna, 37 anni, ha raccontato che accudiva la bimba "come una mamma accudisce un figlio: le davo da mangiare, la cambiavo, se stava male contattavo l’ospedale, la crescevo, le davo da mangiare e bere per sopravvivere”.
“Quando sono rientrata quel 20 luglio del 2022 ho trovato mia figlia nel lettino, sono andata subito da mia figlia, non ricordo se la porta era aperta o chiusa. L’ho accarezzata, ma non si muoveva: ho capito che c’era qualcosa che non andava, non era in piedi come le altre volte. Ho tentato di rianimarla, l’ho presa in braccia e le ho faccio il massaggio cardiaco, in bagno ho provato a bagnarle le manine, i piedini e la testa per vedere se si riprendeva” aggiunge la donna, senza emozionarsi nel ricordare quei momenti, nell’aula del Palazzo di giustizia di Milano.
"Io sono pentita", dice poi, "la mia bambina mi manca, non ho mai voluto farle del male. Se potessi ritornare indietro non lo rifarei di sicuro”.