ROMA. "No, non sono fiducioso". Così il senatore Pd Luigi Manconi all'indomani dell'affossamento dello ius soli al Senato. A far mancare il numero legale necessario all'apertura della discussione le tante assenze da un parte e dall'altra degli scranni di Palazzo Madama.
L'intervista a Luigi Manconi sullo sciopero della fame per lo ius soli
Quella politicamente più pesante è però senza dubbio la defezione di ben 29 senatori del Pd, primo promotore del disegno di legge. "Se pure il Partito democratico fosse stato presente a ranghi completi, il numero legale sarebbe mancato lo stesso - spiega il senatore sassarese, che martedì scorso aveva intrapreso uno sciopero della fame per sollecitare la discussione in Aula - il che non giustifica un comportamento sbagliato e una gestione sciatta dell'intera questione".
E mentre le opposizioni esultano per aver "colpito e affondato" il provvedimento, il presidente del Senato Pietro Grasso rinvia la discussione al prossimo 9 gennaio. Per quella data, tuttavia, il capo dello Stato potrebbe aver già sciolto il Parlamento lasciandolo così in funzione solo per l'ordinaria amministrazione, categoria nella quale lo ius soli non rientra: "Il fatto che si debba votare il 4 marzo e che le Camere debbano sciogliersi a fine dicembre lo hanno detto i giornali e non l'unica persona legittimata a deciderlo, il presidente Mattarella - commenta Manconi, che da ieri notte ha sospeso lo sciopero della fame - per me è questo l'unico dato che vale".
Ma la speranza che il provvedimento veda la luce entro la fine della legislatura è ridotta ormai al lumicino: "Fiducioso? No, non lo sono".