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La Crusca sdogana il detestato "apericena": "Parola macedonia, è maschile"

Apericena

LINGUAGGI. Detestata. Come e forse più di "petaloso". Ma l'Accademia della Crusca sdogana anche la parola  "apricena". La più importante accademia linguistica italiana accetta il termine che, per stessa ammissione degli studiosi, è tra i più odiati, tanto che sono state avviate alcune campagne per la sua abolizione. La Crusca si è mossa per rispondere a un quesito: apericena è maschile o femminile? Ecco la risposta. 

Nonostante circoli da oltre quindici anni, precisamente dal 2002 secondo il GDLI o il GRADIT 2007, la parola "apericena" continua a destare polemiche, bersagliata da feroci giudizi ("tic lessicale", "parola mefitica", "termine orrendo") a tal punto da meritare un posto nelle liste nere, fra le parole da abolire - a volerla abolire, ad esempio, una campagna lanciata su www.linkiesta.it nel 2013. Come testimoniano numerosi articoli di giornale, programmi radiofonici, sondaggi in rete e pagine di social network (per citarne una: "Movimento di resistenza contro gli apericena ed altre espressioni odiose"), apericena è fra le parole più detestate; ma di là dai giudizi, il linguista deve comunque studiarla, chiarendo formazione, grafia e significato.
Si tratta di una cosiddetta parola macedonia, denominazione introdotta da Bruno Migliorini per designare quel tipo di parole che si ottiene tramite la riduzione sillabica di due o più termini (meccatronica, Polfer, postelegrafonico) o, come nel nostro caso, dall'unione della parte iniziale di una parola, aperi(tivo), con una parola intera, cena; lo stesso meccanismo si verifica in metalmeccanico, discopub, cartolibreria".

Dopo una lunga disamina, ecco il verdetto: "Stando anche alla posizione maggioritaria dei dizionari, è consigliabile il maschile".