SASSARI. Uno studio di recente pubblicazione, dal titolo "Insularità, trasporti aerei e continuità territoriale" realizzato dal professor Gianfranco Benelli del Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali dell'Università di Sassari, dimostra come l’Unione europea abbia finora disciplinato solo un generico "svantaggio periferico dei territori". Mentre non abbia riservato - invece - nessuna attenzione verso quelle condizioni, ben peggiori e che ci riguardano molto da vicino, determinate dallo "svantaggio insulare".
Questo studio (che pubblichiamo integralmente in fondo a questo articolo) riporta la nostra attenzione sul tema dei costi e delle carenze legate ai trasporti da e verso la Sardegna. Ponendo l'accento anche sulla poca efficacia delle azioni di tutela della continuità territoriale per la Sardegna e analizzandone le cause.
Sappiamo tutti quanto la mancata continuità territoriale sia argomento quotidiano che condiziona le nostre vite e torna alla ribalta sui media, non solo regionali, con tutta la sua evidenza, a cadenza regolare e durante ogni anno. Da sempre.
Accade quando ad ogni estate e intorno alle festività di fine anno si vedono i nostri aeroporti presi d'assalto da centinaia di migliaia di turisti e sardi emigrati, non residenti, che cercano di raggiungere la nostra Isola. E sono disposti a farlo pagando anche cifre altissime frutto di una "deregulation de facto", che, in nome della libera concorrenza, lascia alle compagnie aeree la possibilità di dettar legge e anche speculare su quello che dovrebbe essere un bisogno e un diritto.
Non qualcosa di concesso o negato ad un singolo turista o residente, siano essi facoltosi o meno, ma riconosciuto ad un'intera isola. In questi momenti risulta invece purtroppo evidente quanto il riconoscimento di una vera continuità territoriale per la Sardegna sia ancora lontano e di difficile attuazione.
Al di là delle dichiarazioni dei diversi esponenti politici noi sardi sappiamo che anche quando i loro intenti migliori avessero riflessi sull'attuale, o futura, azione dell'amministrazione regionale, non potranno portare a nessuna soluzione definitiva per questo problema. Perché si tratta di una soluzione che ci viene negata da decisioni che passano sempre troppo alte e ben sopra le nostre teste. Non tenendo conto dei nostri diritti.
La continuità territoriale della Sardegna è un diritto che, anche quando ci viene riconosciuto in casa attraverso il ritorno del "principio di insularità" sancito dalla nostra Costituzione, viene invece ben poco tutelato nei fatti e proprio da quelle istituzioni sovranazionali come l'Unione Europea che dovrebbero sancirlo. Garantendolo, non solo a noi, ma a tutti i cittadini nella nostra stessa condizione, a prescindere dal peso dei territori o degli stati membri di appartenenza.
A tal proposito bisogna infatti ribadire come le tante e diverse idee e proposte di regolamentazione e tutela in questo ambito, alcune anche molto valide, che si sono avvicendate finora negli ultimi decenni si siano sempre dovute scontrare con quello che appare il capestro legislativo con cui l'Unione Europea definisce gli "aiuti di Stato".
Una regolamentazione che, in tema di trasporto aereo, ha sempre visto una rigida applicazione da parte Ue fatta non tenendo nessun conto dei diversi contesti territoriali di perifericità e insularità in cui l'aiuto di Stato opererebbe.
L'Unione Europea commette un macroscopico errore di fondo equiparando l'insularità a qualsiasi altro contesto di territorio periferico svantaggiato sulla terraferma o molto vicino ad essa. Questi ultimi sono luoghi che invece offrono, sempre e comunque, via terra o via mare, delle alternative sostenibili di mobilità. Cose che invece a un'isola molto distante dalla terraferma, come la nostra Sardegna, non sono o saranno mai concesse.
Questo aspetto di forzata scorretta equiparazione tra "periferie dell'impero" che sono totalmente diverse fra loro ha finora creato delle vere e proprie guerre tra poveri, dove spesso si contrappongono concessioni di vantaggi e diritti o negazione degli stessi alla stregua di prebende o regalie da distribuirsi ad insindacabile giudizio delle Commissioni Ue di diversa matrice politica che si sono succedute nel tempo.
Con valutazioni che giungono anche in base al peso istituzionale e alla forza della rappresentanza demografica ed elettorale che questi territori o i loro Stati membri sono stati in grado di esprimere nel tempo.
Sicuramente un processo euro-centralista di questo tipo ha impedito lo sviluppo di qualsiasi reale alternativa per la mobilità dei sardi e per la Sardegna. Siamo un'isola che, in termini demografici e anche di rappresentanza politica, a livello nazionale o europeo, ha sempre avuto ben poco peso da esprimere.
La ricerca del prof. Benelli, citata in apertura, pone l'accento proprio sulla necessità del riconoscimento istituzionale.
Per usare le sue parole: "È necessaria una nuova stagione dell’insularità in Europa, che riconosca lo svantaggio strutturale peculiare della condizione delle isole, impegnando l’Unione e gli Stati membri ad adottare misure conseguenti, potrebbe auspicabilmente tradursi in uno speciale regime che preveda strumenti dedicati sul tema dei trasporti (nel diritto derivato), accompagnati dalla previsione di deroghe in materia di aiuti di Stato finalizzati a sostenere lo sviluppo attraverso il miglioramento dell’offerta dei servizi di collegamento delle isole con la terraferma per far fronte alle inevitabili inefficienze del libero mercato".
Benelli nelle sue conclusioni fa un'affermazione con la quale, noi sardi, non possiamo non essere d'accordo: "Al di là delle norme dei Trattati che riconoscono la condizione di insularità, nel diritto derivato in materia di trasporti aerei è tuttora assente un regime speciale per i collegamenti con le isole, che risultano di fatto equiparate alle altre regioni periferiche o in ritardo di sviluppo ai fini dell’imposizione degli oneri di servizio pubblico".
E suggerisce anche delle soluzioni tendenti "verso la consapevolezza della necessità di nuovi meccanismi di intervento pubblico di regolazione del mercato" che "sta portando anche l’attuale situazione post-Covid, in cui una crescita sostenuta della domanda di trasporto aereo, accompagnata da una crescita più contenuta dal lato dell’offerta, sta inevitabilmente creando delle criticità dal punto di vista tariffario".
E infine indica la necessità di un "ripensamento radicale della forma di intervento pubblico in materia di servizi di trasporto aereo in ambito europeo" che "può sicuramente essere tratta dalle misure adottate dalla Commissione e dagli Stati europei per fronteggiare la crisi determinata dalla pandemia da Covid-19, che ha imposto una rivisitazione delle regole su obblighi di servizio pubblico e sugli aiuti in favore delle compagnie aeree, molte delle quali difficilmente sarebbero sopravvissute alla crisi senza il sostegno statale".
Lo studio è integralmente disponibile a questo LINK per ogni approfondimento.
Nonostante sia molto dettagliato e articolato, ricco di riferimenti normativi è al tempo stesso chiaro e accessibile anche ai non addetti ai lavori, rappresenta, a nostro avviso, una bella analisi indipendente frutto di una ricerca che nasce libera da qualsiasi vincolo in quanto non commissionata da istituzioni nazionali o regionali.
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- Arnaldo Pontis