CAGLIARI. "La giustizia italiana è come il cancro: pensi che non ti riguardi finché non ti colpisce". Parole pesanti, pesantissime quelle del segretario del Partito dei Sardi ed ex assessore regionale ai Lavori pubblici Paolo Maninchedda. Sono la chiusura di un lungo post scritto questa mattina di buon'ora, come sempre, sul tema del rapporto tra i cittadini, lo Stato e, soprattutto, la magistratura. Non è la prima volta che il professore universitario, ex esponente della giunta di Francesco Pigliaru, dimesso "perché sono stanco", affronta l'argomento. Anzi: il tema si fa sempre più ricorrente nei suoi interventi.
L'occasione, questa volta, è data dall'attacco contro gli "impresentabili" dei partiti arrivato dal capo politico del Movimenti 5 Stelle Luigi Di Maio, durante il suo tour sardo dei giorni scorsi. "Ho aspettato qualche giorno, sperando che qualcuno reagisse. Invece, tutto tace. Di Maio viene in Sardegna e parla di impresentabili riferendosi ai candidati del Pd e del Pdl sottoposti a indagine.Reazioni? Blande, blandissime", scrive Maninchedda. "Faccio ciò che nessuno ha fatto per i candidati inquisiti", aggiunge, "non è vero che sono impresentabili. È falso. Ne conosco diversi e non ho dubbi sulla loro buona fede. Mi infastidisce la vigliaccheria: quando qualcuno viene lapidato non può difendersi da solo. I suoi amici devono uscire di casa e difenderlo. Questa è umanità e cultura".
Maninchedda attacca una giustizia considerata ingiusta. "Di Maio è a conoscenza che, statistiche alla mano, nell’incivilissima Italia entrano mediamente in carcere tre innocenti al giorno?
Di Maio sa che dal 1992 ad oggi sono state indennizzate per errore giudiziario circa 25.000 persone, 1000 all’anno?". E cita casi specifici. Come quello del sindaco Mallegni di Forza Italia che era stato arrestato "con 51 capi d’accusa (tra cui gli ormai consueti associazione a delinquere e corruzione), si fa 6 mesi di arresti (tra galera e domiciliari), poi, in giudizio viene assolto da tutto". Poi rieletto viene sospeso per rilascio abusivo di passo carrabile.
Il leader del Partito dei sardi parte da lontano ma poi arriva in Sardegna: "Cose che non riguardano la Sardegna? Non è vero. C’è un sindaco che si trova più o meno nella stessa situazione di quello precedente e rispetto al quale già nelle udienze per il rinvio a giudizio si è visto il PM suo accusatore sostenere, nel silenzio generale della politica e del Ministero di Grazia e Giustizia, che già al momento dell’arresto esisteva una carta che diceva che il sindaco era innocente rispetto ad uno specifico reato ma che allora si diede peso a un testimone, già smentito allora dalle carte, ma ritenuto comunque credibile (???) dal PM che oggi, di fronte al giudice, chiede l’archiviazione. Incredibile? NO, vero e impunito". E ci sarebbe, in Sardegna, un caso Mallegni: "Si sta ripetendo anche in Sardegna perché anche in Sardegna esistono le indagini a teorema, le indagini ideologiche, che costruiscono una montagna di carte per arrivare almeno all’avviso di garanzia, magari in campagna elettorale, e poi affidare le persone al lungo percorso della difesa da accuse inconsistenti. Interi gruppi politici – di tutti i colori ideologici, senza esclusione di colpi – dipinti come associazioni a delinquere sulla base dell’ostinazione di chi conduce le indagini". Parole pesantissime.
Con una conclusione amara: "Questo volto feroce, assurdo e kafkiano della Giustizia italiana è sconosciuto a Di Maio, ma esiste, fa male e chiama a tirare su la testa, a non avere paura, a combattere dentro e fuori delle aule di giustizia. Noi cittadini europei, noi i cittadini europei più spiati d’Europa, stiamo zitti? Dove sono i parlamentari? Dove sono i magistrati giusti? Tutti muti? Sì, tutti muti, perché la giustizia in Italia è come il cancro: pensi che non ti riguardi finché non ti colpisce.