In Sardegna

I medici non bastano, cronaca di una notte da incubo al pronto soccorso di Nuoro

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NUORO. I medici del pronto soccorso del San Francesco di Nuoro non bastano. Lo dicono tutti, ormai. Il quadro è stato fornito anche dal capogruppo della Lega in consiglio regionale, Pierluigi Saiu (Lega, stesso partito dell'assessore alla Sanità Mario Nieddu). 

"La situazione è questa", dice,  "nel reparto ci sono 7 medici strutturati. Di questi, 3 sono in malattia e 2 sono in ferie. I medici strutturati rimasti (senza i 5 che sono in malattia o in ferie) sono 2. A questi bisogna aggiungere un medico con contratto part time e uno assegnato da un altro reparto con ordine di servizio". Saiu spiega che si stanno cercando delle soluzioni, come i medici in affitto. 

Ma intanto nella struttura di emergenza urgenza dell'ospedale del capoluogo barbaricino la situazione è al collasso. A raccontare la disavventura di un amico è Pierfranco Devias, storico leader indipendentista, già numero uno di Liberu. Il resoconto di una situazione al limite. Eccolo. 

Ieri sera un caro amico e compagno, stava tornando a casa dopo una giornata di lavoro.

Era molto stanco ma, come succede spesso a tanti, ha pensato di tenere duro e arrivare il prima possibile per riposarsi.

Al suo arrivo alle porte del paese però, forse proprio a causa dell’allentamento della tensione, ha avuto un colpo di sonno.

La macchina, ormai senza controllo, è andata a schiantarsi violentemente contro il muro di una delle prime case.

E’ sceso dalla macchina dolorante ma contento che intorno non ci fosse nessuno rimasto ferito, cosa che lo terrorizzava più di tutto. La macchina completamente distrutta, ma tutto sommato è andata bene.

Ma la sua odissea non è mica finita.

Una volta a casa i dolori si fanno sentire, e a preoccuparlo è specialmente un forte dolore al petto.

Decide così per sicurezza di andare al pronto soccorso del San Francesco di Nuoro.

Al suo arrivo trova una folla, e ben presto capisce che si tratta di un’enorme congestione di persone che aspettano di essere visitate da personale che manca.

Intorno a lui tutte le barelle sono occupate, alcuni si lamentano, uomini e donne di ogni età stanno ammassati. Delle signore anziane stanno sedute sulle sedie in evidente sofferenza.

Un uomo si trova lì per una pancreatite. E’ arrivato alle tre del pomeriggio, sono le 11 passate ma ancora nessuno lo ha chiamato.

Un infermiere del suo paese passa e vede il mio amico. Lui gli fa cenno per capire cosa stia succedendo. L’altro gli fa capire che sono disperati, che non ci sono medici, e che si andrà molto per le lunghe.

In questa situazione, che non si sa se somigli più a scenari di guerra o ai luoghi più remoti e disorganizzati del terzo mondo, ogni tanto continuano ad arrivare ambulanze che scaricano altre persone sofferenti. Che si vanno ad aggiungere alla folla.

Alcuni carabinieri stanno davanti all’entrata, non si sa se chiamati da qualcuno che si illudeva così di risolvere il problema con una telefonata oppure se pronti a darsi da fare per eventuali proteste.

Le ore passano. Arriva altra gente e ogni volta sbarra gli occhi esterrefatta, chiedendosi come sia possibile.

Riceve di ricambio gli sguardi addolorati, infuriati, rassegnati, di quelli che ci sono già da ore e ore.

Un uomo arriva lamentandosi, ma avvisa subito di avere la febbre. Lo fanno mettere su una sedia e gli fanno il tampone, dicendogli di stare fermo che avrà risposta dopo un ora. Lui segnala che è assurdo che lo si lasci per un’ora in mezzo alla folla, perché se ha il covid…. Nessuna risposta. Va così.

Alle 3 e mezzo di notte, con l’arrivo di una nuova ambulanza, il mio amico decide di andarsene.

Spera che non sia niente di grave, in ogni caso, quasi come contributo all’umanità, pensa che è bene fare spazio per chi potrebbe avere più bisogno di lui. Per sua fortuna niente di grave, ma non riesce a distogliere il pensiero da chi è rimasto.

Oggi quando mi ha raccontato la sua disavventura mi tornavano alla mente le tante manifestazioni che abbiamo fatto, anche con lui, in difesa della sanità.

Pensavo a quanto può essere paradossale quella sala piena di anime sofferenti, come risultato tangibile di ciò che spesso ho sentito definire “voto utile”.

Viene istintivo maledire chi se ne frega, chi si vanta addirittura di fregarsene della politica, salvo poi strillare più forte di tutti quando tocca a lui pagare il conto dell’ignava per non aver voluto contribuire ad un cambiamento.

Viene istintivo maledire quelli che nelle manifestazioni per la sanità ci gridavano dal finestrino “Andate a lavorareee!” come se fossimo lì per divertirci e non per difendere i diritti di tutti, compresi i loro.

E viene istintivo maledire le giunte precedenti e specialmente questa, che è riuscita nella difficilissima impresa di riuscire addirittura a fare anche di peggio.

Ma noi non dobbiamo farci trascinare dall’istinto.

Nessuno ci garantirà un futuro migliore in cambio di imprecazioni, di fatalismo o di rinuncia al nostro diritto di sostenere un’alternativa.

Nessuno ci salverà con la resa all’ingiustizia.

Nessuno ci salverà, se non la nostra lotta.

E allora davanti a tanta pessima realtà, abbiamo il dovere di esercitare come diceva Gramsci l’ottimismo della volontà.

E che ogni disgrazia, ogni ingiustizia, ogni sofferenza dovuta al malgoverno e al feudalesimo coloniale, diventi nuova linfa per spronarci a lavorare ancora e meglio, per costruire una Sardegna libera, giusta e dignitosa per tutti!