In Sardegna

Cagliari, all’Euclide si torna in classe: "Occupazione finita ma siamo tutti cresciuti"

Euclide-Cagliari-occupato

CAGLIARI. Dopo una settimana di occupazione al liceo Euclide di Cagliari gli studenti tornano in classe.

"Le lezioni riprendono regolarmente, tutta la comunità scolastica torna alle consuete attività, ma in un modo o nell’altro ognuno di noi è cresciuto", lo scrivono in un comunicato i rappresentanti degli studenti Alice Beccari, Angelica Fadda e Michele Pintus.

"Dal 21 al 25 marzo le studentesse e gli studenti dell’istituto si sono impegnati nell'occupazione della sede staccata del liceo classico e scientifico Euclide, situata vicino all’ospedale Brotzu", scrivono poi spiegano i motivi della loro protesta. 
"Abbiamo occupato perché questa scuola non ci sente, non ci vede e non ci ascolta e soprattutto si dimentica della sua funzione principale: quella di creare una comunità di relazioni, scambi e crescita educativa.

Dopo due anni di restrizioni, DAD, DDI e assemblee online, l’occupazione ha rappresentato un momento storico per la comunità scolastica che ha finalmente ritrovato la forza e la speranza di ricostruire la scuola dal basso. La componente studentesca è stata esclusa, negli ultimi anni, dai processi decisionali e la partecipazione e consapevolezza della comunità scolastica si è indebolita. L’occupazione ha rappresentato quindi anche una risposta forte e tangibile da parte di tutti coloro che ancora credono in una scuola drasticamente diversa", si legge.

"Diranno di noi che abbiamo perso il quaderno di una professoressa e rotto uno
specchietto.
Diranno di noi che abbiamo sporcato tutta la scuola.
Diranno di noi che sono state danneggiate le ruote di due sedie.
Diranno di noi che abbiamo introdotto alcol e sigarette all’interno della scuola.
Diranno di noi che non siamo stati in grado di tenere fuori tutti gli estranei.
Diranno di noi che abbiamo fatto una grigliata in cortile.
Diranno di noi che l’occupazione non era condivisa dalla maggioranza degli studenti.
Diranno di noi che abbiamo messo a rischio la salute di tutta la comunità scolastica. 
E noi serenamente risponderemo che il quaderno è stato ritrovato e restituito e lo specchietto verrà ricomprato.
Che la scuola, sia all’interno che all’esterno, è stata pulita da una squadra di trenta studentesse e studenti a disposizione del personale, che ringraziamo per essere stato tanto disponibile e aperto al dialogo.
Che anche le due sedie saranno riparate. Che nessuno si è fatto male. Che i pochi estranei che sono riusciti ad eludere il servizio d’ordine all’esterno sono stati fatti uscire immediatamente grazie a quello presente all’interno, senza che riuscissero a rompere o rovinare nulla. Che avevamo le braci sotto controllo tanto quanto lo erano tutte le altre situazioni. Che la partecipazione è stata meravigliosa, ampia e che la maggior parte degli studenti ha aderito alle attività (ognuno secondo le proprie possibilità). Che la salute non riguarda solo la pandemia, ma anche il benessere psicologico di tutti
noi e questa occupazione ha dato finalmente spazio alle esigenze di espressione e ascolto della comunità scolastica.
Riconosciamo che è venuta a mancare la partecipazione di un'enorme parte del corpo docente, riconosciamo che ci sia stata un’incapacità di comunicare con tutto il personale le attività proposte. Ci dispiace che coloro che erano già aperti al dialogo non si siano tutti sentiti invitati, tuttavia siamo convinti che il processo che ci porterà a trovare
partecipazione e dialogo con i docenti è ancora lungo e noi non smetteremo di lavorare su questo.
Il primo giorno abbiamo deciso collettivamente in assemblea quali fossero i tavoli di lavoro e i gruppi di discussione di cui più sentivamo la necessità. Dalle studentesse e dagli studenti del biennio, alle collaboratrici e ai collaboratori, dai docenti agli studenti e alle studentesse più grandi ci siamo confrontati su benessere psicologico, didattica e valutazione, partecipazione e assemblee, PCTO e relazione scuola-lavoro, informazione e social media, cura degli spazi.
Centinaia di persone hanno partecipato attivamente a questi momenti di confronto portandoci a elaborare proposte concrete e attuabili sulla scuola e quindi la vita che vogliamo. Questo processo ci ha resi tutti consapevoli della situazione critica che viviamo tutti i giorni e che la scuola è lo specchio di una società decadente. Per invertire la rotta è necessario partire dai luoghi di formazione.


Dopo cinque giorni di assemblee, dibattiti e, perché no, anche feste abbiamo scelto di interrompere l’occupazione, non per mancanza di energie (l’ultima mattina c'erano ancora 150 studenti presenti alle assemblee), ma perché tutti soddisfatti dei risultati ottenuti.
Riappropriandoci dei nostri spazi siamo stati in grado di ricreare quel clima di comunità e quei momenti di dialogo tra studenti, insegnanti e personale, che tanto sono mancati negli ultimi anni.
Ci era stato detto che noi studenti non saremmo mai arrivati a venerdì, che non eravamo
in grado di gestire un’occupazione.
Noi abbiamo dimostrato di essere capaci di prenderci questa responsabilità rendendoci conto che tutta l’energia necessaria è derivata da un’esigenza profonda di radicale cambiamento della scuola, non solo della nostra in particolare, ma del sistema
scolastico nel suo insieme.
Alcuni docenti ci hanno accusati di aver minacciato studenti e studentesse che avessero voluto partecipare alle lezioni; il dialogo e il nostro lavoro, estremamente partecipato ogni singolo giorno, e quello che abbiamo fatto per garantire il regolare svolgimento delle lezioni sin dalla giornata di lunedì (nonostante le aule semivuote), hanno dimostrato quanto la notizia fosse falsa. Per tutte queste ragioni il nostro processo di riappropriamento degli spazi non finisce
oggi.

Continueremo a vivere nei luoghi di confronto e ad abitare gli spazi di cui abbiamo bisogno come comunità scolastica, non smetteremo di cercare quel dialogo che deve essere ricostruito con tempo e dedizione da parte di tutti, studenti e docenti.

Noi non ci fermeremo e se l’istituzione scolastica non vuole prendersi la responsabilità di riaprire la scuola alla comunità, saremo noi a prenderla".