In Sardegna

Pastori senza bandiera: “Serve giusta remunerazione e difesa della pecora sarda”

pastorio

 

 

CAGLIARI. I pastori sardi senza bandiera pretendono una giusta remunerazione e la difesa della razza della pecora sarda. Lo fanno sapere su un comunicato scritto dai portavoce Gianuario Falchi e Nenneddu Sanna.

"Notiamo con piacere che in questi giorni è di nuovo attuale il tema del latte ovino sardo che riguarda la pubblicazione del decreto inerente le comunicazioni obbligatorie sulle quantità di latte trasformato e sulle giacenze del formaggio prodotto", si legge sulla nota.

"Purtroppo notiamo che ad oggi non si parli delle problematiche della filiera: prezzo dei mangimi, contratti tipo, prezzo del latte per la prossima campagna e altri punti cruciali. Purtroppo, se ne parla perché Assessorato e Associazioni hanno tempestato la stampa di comunicati e interviste tese a prendersi il merito della pubblicazione del decreto. 

È doveroso perciò ricordare l’impegno di tutti i pastori che nel febbraio 2019 sono scesi in strada buttando il latte in terra, smuovendo la sensibilità di tutta l’opinione pubblica e dando inizio ad una vertenza che si è protratta per diversi mesi ed è costata più di 1.000 denunce senza che nessuno dei Signori che oggi si prende il merito dei risultati ottenuti smuovesse un dito in loro aiuto. 

Quella protesta ha generato in una serie di tavoli ministeriali, tenutisi in parte a Sassari ed in parte a Roma, ai quali hanno partecipato in prima persona i rappresentanti dei pastori, che si sono fatti portavoce di varie istanze, tra le quali anche quella della pubblicazione del decreto succitato che, se attuato e sorvegliato a dovere, consentirà almeno di impedire che i soliti noti mettano in giro dati non verificati con lo scopo di falsare il mercato ed indirizzare le politiche pubbliche a svantaggio degli allevatori. 

Riteniamo l’obiettivo raggiunto, se pur importantissimo, solo un primo passo per poter finalmente dare stabilità al prezzo del latte. Fin dalla prima ora i pastori hanno chiesto di ottenere un prezzo del latte dignitoso e stabile nel tempo. Tutti sappiamo che oggi ci sono le condizioni per raggiungere e addirittura superare, come fatto dalla maggioranza delle cooperative, il prezzo di 1 euro per litro di latte prodotto, come giustifica la famosa e tanto contestata griglia scaturita in prefettura a Sassari, che, essendo figlia di una situazione di disordine pubblico, fu responsabilmente accettata, consapevoli che fosse un gioco al ribasso che sottostimava il valore del latte. Nonostante ciò non è mai stata rispettata dagli industriali che non sembrano intenzionati a raggiungere il famoso euro/litro. Siamo altrettanto consapevoli che per raggiungere gli obiettivi prefissati nei famosi tavoli ministeriali, siano necessarie una serie di modifiche strutturali alla filiera, cosa che noi abbiamo sempre chiesto. Il prezzo di 1 euro peraltro non è più attuale, visti i vari ed enormi rincari di mangimi e altre materie prime nonché la devastazione delle greggi dovuta alla Blue Tongue e alla disattenzione della politica e degli organi sanitari preposti. 

Bisogna immediatamente rilanciare il ruolo fondamentale di Oilos per poter finalmente ottenere un contratto tipo, più volte da noi sollecitato. Non è possibile che ad inizio ottobre, mentre si accinge a partire la nuova campagna del latte, i pastori debbano investire nella preparazione delle greggi e degli erbai, senza avere una minima indicazione su ciò che andranno a percepire per litro di latte prodotto.

Altro nodo fondamentale è quello che riguarda il funzionamento dei tre consorzi che hanno il fondamentale ruolo di gestire le tre Dop. Non si capisce il motivo per il quale i consorzi del Pecorino sardo e del Fiore Sardo continuino nel loro assordante silenzio. Questi due formaggi vengono da tutti riconosciuti come delle eccellenze gastronomiche che dovrebbero dare un valore aggiunto al nostro latte, per cui sollecitiamo per l’ennesima volta che chi li gestisce batta un colpo. 

Per quanto riguarda il re dei nostri formaggi, ossia il Pecorino Romano, siamo ancora in attesa delle modifiche del disciplinare che sono state oggetto di trattative sia nei tavoli ministeriali, ai quali partecipava  anche l’allora presidente, sia negli incontri tenutisi a Macomer nella sede del consorzio, ai quali, siamo stati convocati noi pastori assieme alle associazioni di categoria. 

In queste riunioni noi abbiamo illustrato le nostre proposte di modifica che riguardavano l’assegnazione delle quote, la limitazione della produzione del latte oltre che agli areali (Sardegna, Lazio e provincia di Grosseto) anche alle sole razze autoctone originarie di queste zone, fattore fondamentale per non mettere a repentaglio la sopravvivenza della Dop, cosa già avvenuta in altre nazioni europee. Il Pecorino Romano è un formaggio che si sta affermando in maniera importante a livello mondiale, ragion per cui è fondamentale proteggere questo marchio, in modo da conservare le peculiarità che lo contraddistinguono, continuando ad allevare le nostre pecore prevalentemente al pascolo ed evitando che la razza della pecora sarda venga surclassata da razze estere che si prestano meglio all’allevamento intensivo. Un rischio enorme che noi non possiamo correre. 

Altra motivazione che sconsiglia allevamenti di tali razze è l’eccesso produttivo che il latte prodotto causerebbe, andando a sforare il famosissimo Tetto produttivo che il mondo della trasformazione ha indicato come causa di tutti i mali negli anni passati. 

Pertanto invitiamo chi amministra la regione Sardegna a sorvegliare su questo delicatissimo tema, anche per salvaguardare la pecora sarda che per noi pastori è motivo di orgoglio. Vorremmo evitare che tra qualche anno sia oggetto di contributi per evitare l’estinzione sia della pecora sarda, ma soprattutto del pastore sardo, che una volta distrutta la Dop del Pecorino Romano rischierebbe di andare di pari passo".