In Sardegna

Vincolo quinquennale, le insegnanti sarde costrette ad "abbandonare" la loro famiglia

 

 

 

 

 

CAGLIARI. Le insegnanti sarde costrette ad ‘abbandonare’ la loro famiglia per poter lavorare sono decine. C’è chi ha figli, alcuni disabili, ma questo non garantisce loro di poter chiedere il trasferimento dalla sede assegnata prima di cinque anni. Succede perché secondo la recente normativa i docenti neoimmessi, dal primo settembre 2020, hanno il vincolo quinquennale. Significa che hanno l’obbligo di permanenza per un quinquennio nella scuola di titolarità. 

“A decorrere dalle immissioni in ruolo disposte per l’anno scolastico 2020/2021, i docenti a qualunque titolo destinatari di nomina a tempo indeterminato possono chiedere il trasferimento, l’assegnazione provvisoria o l’utilizzazione in altra istituzione scolastica ovvero ricoprire incarichi di insegnamento a tempo determinato in altro ruolo o classe di concorso soltanto dopo cinque anni scolastici di effettivo servizio nell’istituzione scolastica di titolarità, fatte salve le situazioni sopravvenute di esubero o soprannumero”, così si legge sul testo della normativa.

Da Orani ad Arbus, passando per Elmas, Villa San Pietro, Capoterra e Silanus, sono solo alcuni dei Comuni di residenza delle insegnanti che tutti i giorni devono rinunciare alla loro famiglia per lavorare. Le docenti “in trasferta” hanno deciso di raccontare la loro storia in un video. Alcune di loro ogni mattina si svegliano e percorrono centinaia di chilometri, qualcuna è costretta a farlo perché non può permettersi di pagare un affitto. 

“Questo vincolo discrimina i bambini e le loro famiglie”, afferma Silvia Mureddu, insegnante di Orani che lavora a Loiri Porto San Paolo, a oltre 100 chilometri di distanza. Ogni giorno percorre 240 km. 

 “Obbliga i lavoratori a scegliere dove stare, cosa è più importante il lavoro o la famiglia? Obbliga i lavoratori a smembrare la propria famiglia. Obbliga le donne a scegliere tra famiglia e lavoro, alcune infatti si sono licenziate, questo è vergognoso”. 

Poi c’è Giuseppina Ninu classe 1973, residente a Silanus (Nu), docente di ruolo ad Arzachena a 170 chilometri.

“Già ho subito questo trasferimento dieci anni fa abbandonando quelli che erano i miei affetti famigliari d’origine, io vedo i miei genitori circa una volta all’anno. Adesso vi posso assicurare che non vedere neanche i miei figli è il torto più grosso che io possa aver subito”, racconta Antonella Marigliano, 40 anni, docente di scuola primaria che vive a Cagliari da circa 10 anni, ma le sue origini sono salernitane. 

“Questo ha sconvolto la mia vita e quella di mio figlio”, dice Silvia Piano, 40 anni, che ha una bimba di nove anni e una marito, residente a Capoterra, neo immessa a 330 chilometri da casa sua, a Palau.

Ma c’è anche la storia di Gabriela Contini, classe 1972, residente a Villa San Pietro (Ca), mamma di una bimba di 9 anni, immessa in ruolo da straordinario 2018, ad Arzachena 350 km. “Pago l’affitto, dopo sacrifici per finire il mutuo della nostra casa. Mia figlia non vede più regolarmente il suo papà che vedeva 2 volte a settimana. Siamo sole, lontane dagli affetti e con spese quasi insostenibili in Costa Smeralda”, dice. 

Infine Desolina Montis, classe 1971, residente ad Arbus (Su), immessa in ruolo da Concorso straordinario 2018 a Porto San Paolo 230 km. “Non potendo viaggiare tutti i giorni, insieme ad una collega abbiamo preso in affitto una casa, per dividere le spese. Ho due genitori anziani di cui uno molto malato e una sorella invalida. Essendo lontana e difficilissimo aiutarli. In questa situazione sono ‘fortunata’ a non avere figli”, afferma. La loro richiesta è una sola: "La legge attualmente in vigore deve essere modificata".