In Sardegna

Stallo del M5S in Sardegna, rabbia tra gli attivisti: "A chi giova la catalessi?"

Claudio-Fancello-M5S-Dorgali

CAGLIARI. Lo stallo sul candidato presidente della Regione del Movimento 5 Stelle inizia a preoccupare gli attivisti. E iniziano a serpeggiare dei dubbi. La condanna con conseguente passo indietro di Mario Puddu risale ormai a un mese fa: era il 18 ottobre quando è arrivato il verdetto sull'abuso d'ufficio dell'ex sindaco di Assemini. Da allora il vuoto, o quasi. In una prima fase si è pensato che non ci sarebbero state delle regionarie bis, con il nome del leader sardo che sarebbe stato calato dall'alto, quindi da Luigi Di Maio. Poi dall'Isola. è arrivata la richiesta di un'altra votazione online, la settimana scorsa. Risposte? Nessuna. E i mal di pancia si fanno sentire. 

"Se fino a qualche giorno fa riuscivo ancora ad ingannare me stesso attribuendo la mancata soluzione del problema alla cronica disorganizzazione tipica di un movimento “liquido”, oggi non posso non iniziare a dubitare e sospettare di questa seconda fase di catalessi post-sentenza. Inizio a chiedermi: chi può avere interesse a procrastinare ancora questa fase di stallo? E perché?": il malcontento, condiviso da tanti. è espresso nelle parole del consigliere comunale di Dorgali Claudio Fancello. Che accusa i portavoce sardi. Ecco il suo pensiero. 

È passato un mese dal giorno in cui il Movimento Cinque Stelle ha perso per strada il suo candidato per la presidenza. Un “capolavoro” di strategia politica come pochi. Ci fanno votare sulla piattaforma a fine luglio, con un anticipo di addirittura sei mesi rispetto alle votazioni. E poi, anziché approfittare del vantaggio acquisito rispetto agli avversari politici e dedicarci ad approfondire i programmi, conoscere i candidati e incontrare la gente… la catalessi. Due mesi e mezzo di silenzio e immobilismo in attesa della sentenza del 18 ottobre. Quanti di noi portavoce e attivisti, in quel periodo ci siamo chiesti: “E se poi viene condannato?”. Tutti, nessuno escluso. Ma la risposta non era di nostra competenza e confidavamo che qualcuno, lassù nelle segrete stanze, ci stesse pensando. 
Oggi sono costretto a constatare con rammarico e non poco imbarazzo che quell’evento era considerato dai nostri “grandi strateghi” talmente improbabile da non meritare la valutazione di un piano alternativo. Ma peggio ancora, sono costretto a prendere atto che a un mese di distanza da quell’evento, ormai divenuto certo, non si è ancora addivenuti alla soluzione del problema, nonostante il sacro blog abbia annunciato da subito una nuova votazione. Soluzione che agli occhi di un attivista, prima ancora che portavoce quale sono, appare semplice, ovvia e decisamente più scontata della aleatoria sentenza che ha generato il problema. 
Se fino a qualche giorno fa riuscivo ancora ad ingannare me stesso attribuendo la mancata soluzione del problema alla cronica disorganizzazione tipica di un movimento “liquido”, oggi non posso non iniziare a dubitare e sospettare di questa seconda fase di catalessi post-sentenza. Inizio a chiedermi: chi può avere interesse a procrastinare ancora questa fase di stallo? E perché? 
Alcuni portavoce nazionali, con interviste sibilline hanno peggiorato la situazione, dando ad intendere che possa essere sul tavolo anche l’ipotesi di un candidato nominato dall’alto. Cosa che ha fatto subito mobilitare i gruppi locali ormai stanchi della situazione per ribadire, attraverso partecipate assemblee, niente di più che l’ovvio: si deve tornare al voto. 
Cari amici attivisti, che come me da anni rinunciate a parte del vostro tempo libero per farci parte del cambiamento, apriamo gli occhi. E’ da anni che ci riempiamo la bocca di parole come “uno vale uno, partecipazione, condivisione, meritocrazia, trasparenza”… Ditemi voi se in questa vicenda trovate anche solo qualche sfumatura di queste parole granitiche. 
Posso capire (non giustificandolo) che il capo politico ha ben altro da fare che occuparsi delle nostre elezioni regionali soprattutto in questo periodo, ma confidavo fiducioso che ci fosse qualcun’altro da lui delegato per farlo. Invece i fatti paiono smentirmi. Se in questa situazione ci fosse un minimo di trasparenza sapremmo chi se ne sta occupando e in che modo. Invece da un mese brancoliamo nel buio, aspettiamo che l’oracolo si pronunci. E piano piano il mio entusiasmo e la mia disponibilità a sostenere una difficile campagna elettorale si affievoliscono. 
Purtroppo la Sardegna non è un bacino elettorale di ampiezza tale da meritarsi le attenzioni nazionali. E dopo la paura per l’ipotesi di un’ingiusta nomina dall’alto del candidato presidente, si inizia a profilare quella ancora peggiore di altri 5 anni senza rappresentanza in Consiglio Regionale. Magari non succede… ma se succede? Abbiamo imparato sulla nostra pelle che è sempre meglio avere un piano B. Cominciamo a pensarci.