BOLOGNA. Ieri è scomparso Valerio Evangelisti, un amico, una persona splendida e un immenso artista. Abbiamo perso uno dei più grandi scrittori italiani di quest’ultimo secolo.
Chi fosse lo scrittore Evangelisti, se non avete mai avuto la fortuna di leggerlo quando era in vita, potrete facilmente scoprirlo visitando la pagina Wikipedia a lui dedicata oppure il suo sito ufficiale.
E non vi sembri eccessiva questa mia affermazione. Perché Valerio Evangelisti, seppure sia stato considerato a lungo soprattutto (forse soltanto) uno scrittore di “genere”, uno ben inquadrabile nello schema della fantascienza o della fantasy, rappresenta invece uno scrittore fuori da qualsiasi genere o schema. Uno il cui scrivere, a mio modesto avviso, tocca una vetta ben poco conosciuta e inarrivabile per molti altri autori nostrani e per la narrativa Italiana tutta, di qualsiasi genere.
Potrebbe essere l’Italo Calvino di questo primo secolo del terzo millennio. Solo che noi non ce ne rendiamo ancora conto. In fondo all’articolo vi racconto qualcosa su Valerio, sul suo personaggio Eymerich e la Sardegna. Ma vi chiedo di abbandonare per ora tutti i suoi libri di genere, quelli più noti e venduti di cui in tanti, di certo, vi parleranno in questi giorni: ovvero le saghe di romanzi dedicati proprio all’Inquisitore Eymerich, a Nostradamus, a Pantera e Metallo Urlante o al Ciclo dei Pirati.
Vi chiedo di guardare invece ad alcuni suoi romanzi che sembrano, dal punto di vista critico, quasi passare sottotono rispetto alla sua più nota e vasta produzione Sci-Fi.
Parlo di romanzi storici come quelli dei cicli “Il Sole dell’Avvenire” o “Gli anni del Coltello” oppure opere precedenti come One big Union oppure, andando ancora più indietro nel tempo, “Controinsurrezioni”, scritto a quattro mani con un altro scrittore fuori da qualsiasi schema come Antonio Moresco. Perché è proprio da questo primo breve libro sul risorgimento italiano, descritto in un modo che nessuno ha mai avuto il coraggio di raccontarvi sui libri di storia patria, che nasce in Valerio l’idea dei suoi grandi romanzi storici sull’Italia.
Ecco, io credo che il vero testamento letterario di Valerio in realtà siano proprio queste sue opere dall’immenso respiro storico. Dove si narra di tutti quegli avvenimenti e fatti politici e sociali che hanno contraddistinto l’Italia e anche l’Europa, dall’Ottocento risorgimentale e pre-unitario fino alla seconda guerra mondiale. Leggeteli anche voi questi romanzi storici di Valerio e capirete cosa intendo. Sono capolavori di centinaia e centinaia di pagine che ci parlano della nascita dell’Italia durante questi due secoli. Ma si leggono tutti d’un fiato, perché sono intrisi di storia, vissuta sulla pelle dei nostri avi, persone e personaggi che vediamo raccontati e raffigurati mente attraversano consapevolmente, o vengono attraversati inconsapevolmente, dalla luce e dal buio degli avvenimenti lungo la nostra Storia. Sembrano semplici libri ma ci trasportano in un racconto immaginifico e filmico, dentro la vita e la morte di ognuno dei loro protagonisti, reali o letterari, senza nessuna netta divisione tra buoni e cattivi ma stando comunque dalla parte degli ultimi, degli umili e dei perdenti che scompaiono dai libri di storia. E lo fanno disegnando un lungo e appassionante viaggio collettivo, viaggio di memoria, di lotte, di sangue e di popolo, durante la lunga guerra ideale, ma anche dannatamente reale, alla ricerca della libertà.
Guerra che è frutto di rivoluzioni e quotidiane insurrezioni, combattuta su diversi fronti, nel nome di uomini, di idee e ideali e delle loro gesta, le migliori e anche le peggiori.
Non so bene come chiudere in un modo degno questo triste articolo-tributo in sua memoria. Dovrei forse farlo come si userebbe fare in un lungo e classico “coccodrillo” intriso di retorica celebrativa, simile ai tanti che leggerete in questi giorni sui media e la stampa, ma non avrebbe alcun senso. Valerio odiava qualsiasi forma di auto-celebrazione e anche qualsiasi retorica.
Non ha senso sopratutto per chi Valerio non solo ha potuto leggerlo e stimarlo come autore ma ha avuto l’immensa fortuna di conoscerlo di persona o di far parte della ristretta “comunità” di suoi amici ed estimatori, una comunità chiamata “Lista Eymerich”, sempre aperta al contributo e alle opinioni di tutti. Alcuni dei membri della “lista” hanno anche fondato insieme a lui Carmilla (nota testata online di “letteratura, immaginario e cultura d’opposizione”) Questa lista è certamente un altro aspetto della profonda umanità, sincerità e semplicità di un grande uomo e un grande artista come lui.
Sto cercando quindi di dirvi che, chi ha avuto o ha la fortuna di far parte di questa lista, sa bene che voragine profonda di dispiacere e vuoto la perdita di Valerio Evangelisti lasci dietro di sé.
Ed è con questo profondo dolore che ce lo ricorda l’amico Emanuele Manco in un suo breve post su Fantasy Magazine dove parla della presenza costante di Valerio, nel gruppo sia sul web che nei raduni annuali.
Da parte mia posso solo dire che noi, i pochi sardi della lista, abbiamo tentato spesso di avere Valerio qui in Sardegna. Perché la nostra terra è un luogo che lo affascinava e che avrebbe voluto conoscere meglio. Luoghi di cui si parlava spesso insieme fin dai primi anni 90. Anni nei quali decise di ambientare proprio nella nostra isola il “Mistero dell’Inquisitore Eymerich”, uno dei primi romanzi del suo “Ciclo di Eymerich”, quello che narra dell’Inquisitore Generale del Regno d′Aragona che partecipa all’assedio di Alghero al seguito del re Pietro IV nel tentativo di soffocare la rivolta di Mariano, giudice d′Arborea.
Ecco. È proprio questo romanzo di Valerio Evangelisti, che sento più vicino alla nostra terra, che mi offre lo spunto di parlare del suo ciclo più noto. Le 14 opere di fantascienza/gotica, scritte dal 1994 al 2018 che compongono la sua saga di maggior successo interamente dedicata alla figura di Nicolas Eymerich, l’inquisitore catalano realmente esistito che lui ha trasformato in un personaggio letterario e gli ha dato grande notorietà sia in Italia e all’estero.
Vi basti pensare che questo suo “Ciclo di Eymerich” è composto di molti best-seller che sono considerati i suoi capolavori e hanno venduto tantissimo. A partire da uno dei primi titoli della saga con cui vinse nel 1993 il Premio Urania. Negli anni successivi questi romanzi sono stati pubblicati e ristampati in decine di edizioni, anche in diverse lingue e molti paesi stranieri. Fino a far diventare Valerio lo scrittore di fantascienza italiano più tradotto all’estero negli ultimi 30 anni.
Ma è anche su tutta l’opera letteraria di Valerio Evangelisti che è stato scritto tanto, a partire dal primo studio critico sul suo lavoro “L'anima dell'inquisitore”, libro del 2004 scritto dal regista e critico cinematografico As Chianese, e contenente la prefazione e la postfazione di autori del calibro di Giuseppe Lippi e di Serge Quadruppani.
Per chi volesse approfondire esiste vasta letteratura critica e anche molti “spin-off”, compreso un lungometraggio dal titolo “Evangelisti’s RACHE” alcuni Radiodrammi di Rai2 e anche un Videogame in diversi capitoli. Di recente inoltre i diritti del “Castello di Eymerich", sono stati acquisiti dal produttore franco-spagnolo Black Mask per la realizzazione di una serie televisiva basata sul personaggio.
Purtroppo, e ritorno a noi per concludere, in tutti questi ultimi 25 anni il viaggio di Valerio Evangelisti in Sardegna è stato più volte rimandato. Non certo per sua volontà. Avrebbe dovuto essere infatti un ospite speciale in una edizione del Marina Cafè Noir nel 2011 e in seguito anche far parte di una performance letteraria e musicale del 2014 intitolata “Fiori di Bufera”, da noi dedicata ai “moti di Buggerru” del 1904 ma purtroppo non ce l’abbiamo fatta, soprattutto dopo la malattia che lo ha colpito nel 2010, i suoi spostamenti da Bologna, la sua città, sono stati ben pochi e difficili.
Il destino ha deciso altrimenti per lui e per noi. E non mi resta che salutare per l'ultima volta, con un abbraccio fraterno, il nosto amico Valerio.
- Arnaldo Pontis