SASSARI. La collezione della Fondazione di Sardegna, incentrata sull’arte del Novecento nell’Isola, si è arricchita negli ultimi anni di un gruppo nutrito di opere. Attraverso una selezione degli acquisti più recenti, la mostra racconta un secolo di esperienze artistiche, immaginando una serie di dialoghi tra autori che, a partire da presupposti divergenti, hanno toccato temi affini. Non vuole quindi ricostruire uno sviluppo cronologico, né esaminare tendenze o movimenti. È una mostra che mette in primo piano la ricerca dei singoli e la qualità delle loro opere. Ogni dialogo evidenzia analogie e differenze, momenti di tangenza e contrasti che aiutano a comprendere la personalità e la visione di ciascun artista. Al tempo stesso, illumina discorsi culturali, messaggi ideologici, passaggi storici che oltrepassano le diverse vicende estetiche e personali.
Antonio Ballero e Anton Ettore Maury guidano alla scoperta del paesaggio del primo Novecento; Giuseppe Biasi e Bernardino Palazzi esplorano l’eros e l’esotico; Liliana Cano e Foiso Fois dimostrano la potenza espressiva del colore; Igino Panzino e Rosanna Rossi il rigore e la sottigliezza dell’astrazione; Maria Lai e Costantino Nivola re-immaginano il primitivo e l’arcaico alla luce della modernità. La mostra è completata da un video, realizzato da White Box Studio, in cui il visitatore viene accompagnato dalle due curatrici dentro i significati più profondi delle opere in esposizione.
Il paesaggio. Impressione ed emozione
Antonio Ballero (1864 - 1932) e Anton Ettore Maury (1866 - 1945) - Mentre il nuorese Ballero predilige gli scorci aspri e solitari della Sardegna interna, Maury, cresciuto nel contesto urbano di Cagliari, volge lo sguardo al mare e ai dintorni della città. L’uno è attratto dalla natura solitaria e incontaminata, in cui vede il simbolo di una Sardegna vergine e primitiva; l’altro registra i cambiamenti del territorio creati dai primi insediamenti industriali e dalle attività portuali. A proprio agio nel piccolo formato, coltivano l’amore per il frammento e la sensibilità per gli effetti atmosferici, resi con una tecnica che risente della cultura artistica tra fine Ottocento e primo Novecento: tra Divisionismo e Postimpressionismo Ballero, tra Impressionismo e atmosfere vagamente simboliste Maury.
Erotismo ed esotismo di Giuseppe Biasi (1885-1945) e Bernardino Palazzi - L’eros è spesso associato all’esotico: proiettare le proprie pulsioni in un altrove estraneo alla morale occidentale li rende più accettabili socialmente e culturalmente. L’Africa e un generico Oriente diventano lo sfondo per la rappresentazione di trasgressioni sessuali improponibili in Europa. Biasi (che in Nordafrica aveva trascorso quattro anni, dal 1924 al 1927) e Palazzi (il cui rapporto con il tema era solo letterario) fanno del corpo femminile il perno di un universo figurativo decorativo e sensuale. Oggi riconosciamo come segnate da una mentalità razzista, sessista e colonialista immagini all’epoca considerate naturali (si pensi a certi titoli dati ai quadri di Biasi ancora nel dopoguerra, come Donna con negra). Al tempo stesso, i due artisti trovano nel tema erotico/esotico uno spazio di libertà creativa. Biasi porta nei dipinti del suo periodo “africano” un’esigenza di sperimentazione formale ignota alle precedenti opere di tema sardo; Palazzi infonde nei suoi harem e nelle sue odalische un’atmosfera di leggerezza ironica e disincantata.
Il colore - espressione di Liliana Cano (1924) e Foiso Fois (1916-1984) - Il persistere della figurazione lungo il corso del Novecento è segno della sua capacità di rispecchiare l’esperienza umana. Liliana Cano e Foiso Fois, approdati sulla scena artistica nel secondo dopoguerra, fanno proprie le istanze figurative, guidati da una volontà di affermazione di valori sociali. La lezione di un pittore come Renato Guttuso ha per entrambi un valore fondante: l’essere umano è al contempo individuo, con le sue emozioni e il suo vissuto personale, ed elemento di una più vasta dinamica sociale e politica.
La valenza espressiva dell’immagine riposa sul colore e sulla sua capacità di trasmettere emozioni. Nel lavoro di Cano, il colore è ingabbiato in una griglia grafica vigorosa che energizza l’immagine; in quello di Fois, i confini tra le zone cromatiche delimitano i contorni delle figure. Mentre Cano persegue una sua linea di sviluppo guidata da una sensibilità individuale e nutrita da una molteplicità di stimoli culturali che vano oltre le arti visive, Fois accoglie all’interno del suo discorso spunti e suggestioni provenienti dalle tendenze artistiche contemporanee.
Il colore - astrazione di Igino Panzino (1950) e Rosanna Rossi (1924) - L’astrazione è una linea di ricerca che, trascendendo la raffigurazione della realtà sensibile, permette agli artisti di proiettarsi in una dimensione alternativa, sia questa il libero dispiegarsi dell’emozione o invece l’esplorazione della pura forma.
Negli anni Settanta si assiste in campo internazionale a una riscoperta dell’arte astratta, intesa come mezzo per indagare le proprietà base della pittura: il segno, il colore, il supporto. In questo orizzonte estetico maturano Panzino e Rossi, provenienti il primo da un’esperienza neo-costruttivista, la seconda da una figurazione di stampo espressionista.
In entrambi, l’approdo a una pittura geometrica di tono analitico risponde a un’esigenza di rigore morale legata anche alla coscienza politica che li guida. Per entrambi, il controllo formale è inconcepibile senza una tecnica e una manualità raffinate, che controbilanciano l’essenzialità dell’immagine. In Panzino lo spazio è costruito attraverso il colore, ma anche per mezzo di un recupero delle nozioni di volume e di chiaroscuro; in Rossi lo spazio è modulato tramite l’effusione cromatica, sia nei quadri degli anni Novanta realizzati con sottili tratti paralleli, sia in quelli successivi, dove prevalgono effetti di suggestiva velatura.
Primordiale e moderno di Maria Lai (1919-2013) e Costantino Nivola (1911-1988) - L’incontro tra primitivo e moderno ha segnato una parte importante dell’arte del Novecento. Su questo incontro Costantino Nivola e Maria Lai hanno costruito il loro immaginario, partendo dalla propria vicenda biografica e da un sentito rapporto con la propria cultura d’origine. Le radici sarde, rielaborate nella lontananza (l’esilio e poi il definitivo trapianto a New York di Nivola, la lunga permanenza romana di Lai) sono la base di una mitologia personale che ha segnato lo sviluppo dei due artisti. Per Nivola tutto fa capo al senso della comunità alimentato dai ricordi dell’infanzia ad Orani e al mondo di figure archetipiche suggerito dall’archeologia pre-nuragica e nuragica (le Madri e i Costruttori in cemento e in marmo) . L’ispirazione di Lai - legata come Nivola al microcosmo del paese natale, Ulassai - ruota intorno alla cultura popolare sarda e alla manualità artigianale femminile (i Telai e le Geografie ricamate). Ma questo seme poetico non avrebbe potuto germogliare senza l’apporto, cruciale per entrambi, della cultura internazionale. Nel caso di Nivola, si tratta di una travolgente serie di incontri intellettuali con i protagonisti del modernismo europeo e dell’avanguardia americana, da Le Corbusier a Pollock e De Kooning; in quello di Lai, dell’immersione nel contesto delle neoavanguardie italiane degli anni Sessanta e Settanta, oltre che dell’incontro con lo stesso Nivola.
- Redazione