CAGLIARI. "Vendere la Gioconda per salvare la cultura" è la proposta, o meglio la provocazione lanciata da Stéphane Distinguin, fondatore della società Fabernovel specializzata in ambito di consulenze sull’innovazione digitale. Un'idea da molti considerata iconoclasta e che ha scatenato non poche polemiche quella lanciata sulla rivista "Usbek & Rica" dall'imprenditore francese. Sarebbe di cinquanta miliardi di euro il valore dato all’opera simbolo del genio di Leonardo Da Vinci per monetizzare in questo momento di crisi. Posizione che Distinguin ha confermato anche in un’intervista al "Corriere della Sera".
La Gioconda è "l'albero che nasconde la foresta", ha commentato, "un oggetto alto 79.4 centimetri, largo 54.4 e profondo solo 14 millimetri" e che fa ombra a centinaia di altri capolavori del Louvre, compreso "Le nozze di Cana" di Paolo Veronese, appeso lì accanto e che passerebbe, a causa della Monna Lisa, sempre inosservato. Inoltre la storica opera provoca da sempre liti con gli italiani che gridano "ridateci la Gioconda!". Questi e tanti altri motivi che giustificano le motivazioni secondo le quali per l'imprenditore sarebbe meglio liberarsene. Magari, come ha suggerito Distinguin vendendola a qualche principe arabo, farne una garanzia per una nuova moneta virtuale o mandarla in tournée nelle Puglie per rilanciare il turismo. Un'idea per molti assurda, per altri invece da valutare.