CAGLIARI. Avevano ragione i pastori sardi. Gli industriali del latte, forti della loro posizione, avevano imposto condizioni di acquisto a loro favorevoli e utilizzato pratiche commerciali scorrette quando hanno comprato il prodotto della mungitura nell’annata 2018/2019. Niente contratti, nella stragrande maggioranza dei casi. Nessun accordo preventivo sul prezzo. Nemmeno sulle quantità da conferire.
Il pastore arrivava al caseificio e faceva i conti con l’offerta dell’industriale, buona o cattiva che fosse. E spesso era cattiva. Perché lui il latte lo doveva vendere subito. E alternative non ce n’erano. Ma così non va bene. Non si può fare. Non lo stabiliscono chiacchiere da bar, alla fine di una serata in campagna. Ma lo certifica una serie di decisioni dell’Antitrust che, alla fine di una lunga procedura, ha sanzionato i principali caseifici della Sardegna.
Sono sei gli stabilimenti di trasformazione multati: Mattana Francesco di Sinnai (sanzione di 2000 euro), Caseificio Murtas di Silius (2000 euro), Caseificio Ernesto Frau e figli di Selargius (2000 euro), Formaggi Aresu di Donori (4000 euro), Salvatore Picciau di Decimomannu (2000 euro) e Fratelli Pinna di Thiesi: per quest’ultimo la multa è di diecimila euro. Solo chi conferiva a Selargius, nella maggioranza dei casi, aveva un contratto che regolamentava il rapporto tra pastore e caseificio.
Emblematica, invece, la situazione a Thiesi. Stando ai documenti del Garante della concorrenza i Fratelli Pinna in quell’annata hanno fatturato 59 milioni di euro. Da loro hanno conferito 1425 pastori. Di questi: 20 avevano un contratto con prezzo e quantità di latte da conferire, 1 aveva concordato la quantità ma non il prezzo, 194 nessun prezzo e 1210 non avevano sottoscritto nulla.
Nella difesa, l’azienda ha provato a sostenere che in realtà i rapporti fossero gestiti dalle fatture, che certificavano i pagamenti. E che, comunque, fossero gli allevatori a preferire un rapporto “informale”. Perché, era la tesi, se il prezzo del latte fosse salito nel corso dell’anno sarebbero stati vincolati all’offerta iniziale, andando a perderci. Una tesi comune nelle memorie di tutti i caseifici.
L’Antitrust la pensa diversamente. Nella delibera fa riferimento alla legge. E la legge stabilisce che per il latte, come per altri prodotti, chi vende è parte debole e deve sapere, preventivamente, quanto, quando e come andrà a incassare.
Non si può improvvisare, insomma. Perché altrimenti succede quello che è successo: scoppia la guerra del latte. Si attendono i verdetti dei processi contro i pastori, accusato di violenze e blocchi stradali. Sono un migliaio. Intanto, un primo verdetto è arrivato.
- Enrico Fresu