CAGLIARI. Mancano 10 giorni, poi il 22 settembre riapriranno le scuole in Sardegna. In che modo? Non si sa. I sindacati sono preoccupati per i protocolli. Ci sono, ma quando sono stati studiati la situazione in Sardegna era diversa: non si contava un numero così alto di contagi. Legati ai protocolli ci sono gli organici covid.
“C’è uno stanziamento del Governo di 30 milioni di euro per le assunzioni, quindi circa mille professionalità in Sardegna per 270 autonomie scolastiche. Quindi 4 o 5 persone per ogni scuola”, spiega Manuel Usai, segretario Flc-Cgil, “in Sardegna si contano 20mila docenti. Era prevista l’immissione in ruolo di 2700 insegnanti ma sono stati coperti solo 650 posti, quindi si dovrà ricorrere alle supplenze, e le chiamate sono partite proprio in questi giorni”.
“Nonostante i programmi della ministra Azzolina contro classi pollaio non è stato fatto nulla”, rilancia Nicola Giua, segretario Cobas Sardegna, “gli organici e i numeri in Sardegna sono gli stessi degli scorsi anni. Nessuna notizia dell’organico aggiuntivo covid previsto, neanche degli spazi aggiuntivi”. Quindi in sostanza, aldilà dei protocolli da rispettare, la scuola, secondo Giua inizierà come gli anni scorsi. Ogni istituto farà da sé “per cercare di rientrare nel miglior modo possibile nella situazione data che è arrangiarsi”.
La didattica a distanza, sembrava quindi solo un brutto ricordo, invece Giua dice che “l’unica cosa certa è che è stato chiesto alle superiori di continuare in parte con la cosiddetta didattica a distanza, che è la didattica digitale integrata: riteniamo che sia un’assoluta follia".
Non si risolve neanche il problema storico della scuola sarda: la carenza di insegnanti di sostegno. “Non ci sono sufficienti specializzati”, dice Usai, “nel corso dell’anno si arriva anche a 7mila richieste, ma a queste non si può dare una risposta sufficiente”.