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Droga e schiave del sesso, la rete della mafia nigeriana a Cagliari: riti tribali e violenza

 

CAGLIARI. Reclutavano donne, anche minorenni, in Nigeria, con la promessa di portarle in Italia per trovare un lavoro “normale”. Ma questo per loro era solo l’inizio dell’incubo.  Altri importavano droga dal Sud Africa, dal Mozambico e dall’Olanda e la facevano arrivare nell’Isola e in altre regioni d’Italia. Tutti membri della stessa cellula mafiosa che operava in Sardegna. Sono ventuno i nigeriani fermati questa mattina all’alba, durante un blitz della Polizia di Stato, ritenuti responsabili di associazione di stampo mafioso, tratta di esseri umani aggravata dallo sfruttamento della prostituzione e traffico di sostanze stupefacenti.

 

 


Tutto è iniziato con un’indagine della Squadra Mobile, coordinata dalla Dda di Cagliari, partita nel 2017, sul traffico di sostanze stupefacenti. Ma dietro c’era ben altro. 
La cellula “Calypso Nest” si era radicata nel Cagliaritano: aveva un luogo di ritrovo, un capannone a Selargius, dove i membri organizzavano dei “general meeting”, che talvolta sfociavano anche in pratiche o riti “magici” con l’applicazione di pene corporali.Tutti gli affiliati indossavano calzari baschi o berretti azzurri e sciarpe di colore giallo e rosse, a seconda dei ruoli e degli incarici di potere rivestiti. Il capo del sodalizio sardo era Driss Ahmed, quarantunenne, originario della Costa d’Avorio, il “Flying Ibaka” del gruppo. 

La loro attività principale era il traffico di droga, principalmente cocaina e eroina. Nel corso dell’operazione sono stati sequestrati circa otto chili di stupefacenti. Ma dalle indagini degli agenti della Mobile è emerso che oltre alla droga, in quel capannone si progettava anche la tratta di esseri umani. Due donne, Loveth Enogieru e Edith Ehinwenma, residenti rispettivamente a Decimomannu e a Esterzili, reclutavano le loro connazionali della Nigeria con l’inganno e la falsa promessa di un lavoro stabile: le vittime però erano in realtà destinate al circuito della prostituzione su strada.  La cellula agiva come una vera organizzazione di stampo mafioso. Tutti i membri dovevano obbedire e rispettare i vertici del gruppo. In caso contrario, venivano puniti anche con sanzioni corporali.

L’operazione è ancora in corso in tutto il territorio nazionale perché, oltre ai fermati, gli investigatori ritengono che ci possano essere altri membri in fuga all’estero (almeno sei ancora non trovati). In Sardegna infatti c’era solo una cellula di una più grande ed estesa “cupola”, riconducibile alla nota consorteria mafiosa internazionale chiamata “Supreme Eiye Confraternity”.

Il principale trafficante di droga che operava nel Cagliaritano era Kenneth Chiejene, detto “Lazarus”, nigeriano domiciliato a Maracalagonis.  Le convocazioni alle riunioni nel capannone di Selargius - da loro chiamato “Bush Bar” - sono state intercettate grazie ad alcune chiamate sorvegliate tra i membri. A quel punto sono scattati gli appostamenti della Mobile: fondamentali le microspie piazzate sul posto, che hanno permesso agli agenti di ascoltare i dialoghi e le intimidazioni rivolte dai capi ai membri del gruppo.

Marzia Diana
21 Novembre 2018

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