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OLBIA. “Non accettiamo i continui tentativi di far passare per semplici e innocui degli eventi turistici che nascondono violazioni del diritto internazionale, lasciando potenziali criminali di guerra e cittadine e cittadini israeliani complici di un sistema di apartheid, liberi di circolare per le nostre strade, mentre in Palestina si consuma un genocidio”. È quanto si legge in un post diffuso dal movimento transfemminista “Non una di meno Nord Sardegna”, che per 6 dicembre alle 11 ha organizzato un sit-in di protesta contro l'arrivo della crociera israeliana Crown Iris in piazza Elena di Gallura.
“Per citare Bsb Italia, ‘Considerando che dal 2023, tra personale militare e riservisti (634.500 persone) almeno il 10% della popolazione israeliana ha prestato servizio nell’esercito israeliano, è concreta la possibilità che persone potenzialmente implicate in crimini di guerra viaggino a bordo dell’imbarcazione in questione’ “, scrivono nel post.
Dal controllo intensificato attraverso una banca dati di sicurezza nazionale, fino all’arresto immediato di soggetti su cui pesa un mandato di cattura per crimini di guerra: queste alcune delle richieste del movimento transfemminista. “Chiediamo che tutti i passeggeri e le persone dell’equipaggio siano verificati nelle banche dati di sicurezza nazionali e internazionali (Sis, Interpol, sanzioniUE/ONU, mandati della CPI), che sia vietato l’ingresso in Italia a chiunque sia credibilmente sospettato di essere responsabile del coinvolgimento in crimini di guerra, genocidio, apartheid o altre atrocità. Chiediamo anche che venga disposto l’arresto immediato di qualsiasi individuo colpito da mandato di cattura internazionale per crimini di guerra o contro l’umanità, nel rispetto degli obblighi giuridici assunti dalla Repubblica italiana e che sia garantita la massima cooperazione con la Corte Penale Internazionale per l’individuazione di eventuali soggetti ricercati”, spiegano.
“Tali richieste non sono in alcun modo un attacco all’identità e alle libertà individuali di un gruppo di persone, e non vogliono costituire una discriminazione su base etnica o culturale, ma costituiscono una presa di coscienza e di responsabilità della cittadinanza Olbiese nei confronti delle atrocità che accadono in Palestina a opera dell’establishment sionista”, concludono.











