CAGLIARI. Il sistema penitenziario sardo è al limite e rischia il collasso e il carcere di Uta ne sarebbe un esempio. È quanto denuncia il Sinappee, il sindacato nazionale autonomo polizia penitenziaria, in un comunicato diffuso oggi, 18 giugno, e firmato dal segretario regionale aggiunto Giacomo Mascia. Nel mirino, ancora una volta, la situazione della casa circondariale Scalas, doeve, si legge nella nota, “il sistema non regge più”. E ancora, il sindacato attacca la politica sarda "nel totale silenzio".
Secondo il sindacato, sono attualmente 7 i detenuti ricoverati in strutture sanitarie esterne, ma per garantirne la sorveglianza sono necessari ben 52 agenti impiegati su turni h24. Una situazione definita insostenibile, che impedisce la normale organizzazione del lavoro e annulla diritti fondamentali del personale, come ferie e riposi. “Le condizioni psico-fisiche del personale non possono reggere ancora per molto”, avverte Mascia, che sollecita l’apertura immediata del reparto detentivo ospedaliero, mai entrato in funzione.
Il sindacato segnala anche un incremento di detenuti e internati con problemi psichiatrici, con un conseguente “aumento vertiginoso dei ricoveri ospedalieri” e un alto numero di aggressioni nei confronti del personale sanitario e della polizia penitenziaria. “Operatori costretti a lavorare in condizioni di estremo disagio", in corsie ospedaliere senza alcun supporto strutturato, come scrive ancora il Sinappe.
Il segretario regionale aggiunto lancia quindi un appello urgente alla presidenza della Regione, chiedendo l’attivazione immediata del reparto detentivo e il potenziamento delle risorse. “Le donne e gli uomini della polizia penitenziaria attendono risposte da troppo tempo per poter garantire il servizio istituzionale in sicurezza, senza mettere a rischio la vita di nessuno”.