CAGLIARI. In tutta la Sardegna non c'è una "culla per la vita". Quello spazio sicuro, che permette alle mamme in difficoltà di lasciare nell'anonimato, totalmente protetti, i neonati, non esiste in alcune regioni d'Italia. Non è una novità, certo, ma a pochi giorni dall'orribile vicenda di Vignale di Traversetolo, dove una ventiduenne ha confessato di aver partorito da sola (a suo dire all'insaputa di tutti) e di aver ucciso i suoi due figli, non si può che riflettere sull'importanza di una struttura concepita esattamente per contrastare queste tragedie: salvare quindi neonati e madri che non vogliono o non possono tenere il bambino.
La giovane di 22 anni, che avrebbe dato alla luce i due figli a circa un anno di distanza l'uno dall'altro, li aveva nascosti nel giardino della villetta di famiglia: lì è stata fatta la macabra scoperta, che ha sconvolto l'Italia.
Ma tra gli esperti, da psichiatri a ostetriche, la riflessione è d'obbligo: c'è chi suggerisce che, forse, se la ragazza avesse saputo dell'esistenza di questa opzione, avrebbe fatto una scelta diversa e si sarebbe potuta evitare una simile tragedia.
In Sardegna, come detto, non esistono culle per la vita, ma si può comunque scegliere di partorire in totale anonimato, in ospedale. È già successo, ad esempio, al Santissima Trinità di Cagliari: il neonato in questo caso sta con l'equipe di ostetriche e del personale sanitario del reparto, finché non viene affidato a una casa famiglia. Appena un anno fa a Osilo, nel sassarese, il triste episodio di un neonato abbandonato per strada, subito dopo il parto, trovato in ipotermia. I riflettori sulle culle per la vita, in Sardegna, andrebbero riaccesi.