BANGUI. "Avrei voglia di uscire. Non è possibile. Da circa mezz'ora si spara ininterrottamente. Quando si vendono le armi, bisogna essere consapevoli del fatto che verranno usate, produrranno feriti, morti e profughi". Pier Paolo Deidda, cagliaritano, è chirurgo pediatrico: da anni presta servizio come volontario nell'ospedale benedettino di Bimbo, quartiere di Bangui, nella Repubblica centro africana.
Il Paese in questi giorni è attraversato da fortissime tensioni. Il governo centrafricano e la missione delle Nazioni unite in Centrafrica (Minusca) hanno schierato le forze di sicurezza per “riportare la pace” nel quartiere musulmano di Bangui, il PK5, dove tre persone di recente sono state uccise in scontri a fuoco. Deidda è lì. E guarda quello che succede. E riflette: "Il nostro diritto al lavoro non può essere la negazione della vita per altri uomini. Tralasciando l'etica, materia da intellettuali snob; anche dal punto di vista economico, forse non stiamo combinando un grande affare. Almeno non per le persone "normali". Che brutto termine normale riferito a persona".