ECONOMIA. Slow food si schiera con i pastori e contro gli industriali del latte: "Comprate direttamente dagli allevatori", è l'appello, "ecco tutti gli indirizzi: sono loro a garantire la genunità del prodotto e stanno provando a vessarli con un balzello iniquo". L'oggetto dello scontro è la quota di tremila euro l'anno imposta dal Consorzio Fiore sardo Dop ai piccoli produttori non iscritti, se vogliono continuare a chiamare così il loro pecorino e usare il marchio. Eppure sono loro che certamente usano l'antica ricetta. Slow Food sostiene "questa non sembra una richiesta del tutto lecita – è in corso un procedimento per verificarne la legalità – e sicuramente non è affatto giusta". Perché? "l Consorzio di tutela del Fiore Sardo Dop", spiegano dall'associazione internazionale di tutela della genuinità dei cibi, "è in mano agli industriali che sono riusciti a ottenere il 75% delle quote. Come hanno fatto? Mentre per un pastore è assai improbabile aumentare la produzione da un anno all’altro – il numero dei capi può variare di qualche decina, di conseguenza anche il volume del latte e quindi del formaggio rimane pressoché invariato – per un caseificio industriale che raccoglie il latte è molto facile che il volume di produzione cresca rapidamente e quindi anche la quota di mercato". Così per i piccoli quei tremila euro sono una botta.
"Ecco tutti i contatti, mettetevi d’accordo con loro direttamente", è scritto sul sito di Slow Food, "assaggiate il loro prodotto, fate felice la vostra famiglia e gli amici. O ancora meglio, andate a trovarli! La Barbagia è bellissima, sarà un viaggio che non dimenticherete facilmente". Qui l'elenco delle aziende a cui fare riferimento.