CAGLIARI. Due palazzi e una pizzeria trasformati in supermercati della droga. Sono stati arrestati i presunti capi di due associazioni a delinquere dedite al traffico di stupefacenti che rifornivano Cagliari di cocaina, hashish e marijuana. Ventotto le persone indagate. In corso decine di perquisizioni in città.
Sono state arrestate in flagranza 3 persone, sequestrati 10 kg di droga e oltre 50mila euro.
Secondo le ricostruzioni degli agenti lo spaccio non si sarebbe fermato nemmeno durante il lockdown per il Covid, quando per evitare il contagio veniva utilizzato un camper mobile.
Nel dettaglio la Squadra Mobile della Questura di Cagliari, sezione Criminalità Diffusa, ha smantellato due presunte organizzazioni criminali che operavano nei quartieri Is Mirrionis e San Michele di Cagliari e gestivano lo spaccio al minuto in città.
Rifornivano 250 clienti al giorno servendosi dei due palazzi e di una pizzeria. Le due piazze di spaccio erano diventate il principale punto di riferimento della “distribuzione al dettaglio” delle dosi di droga in città.
Uno dei gruppi aveva base in alcuni palazzi di edilizia popolare di via Castelli, composto da 16 indagati e l’altro - composto dagli altri sei - era operante a San Michele.
L’indagine, denominata “piazza Castelli”, è iniziata nel 2019. Nell’operazione di oggi sono impegnati 150 agenti della polizia di Stato di Cagliari, del Reparto Prevenzione Crimine Sardegna di Abbasanta, il Nucleo Cinofili di Abbasanta e un velivolo del Reparto Volo di Abbasanta.
Dalle prime ore del mattino di oggi, è stata eseguita una misura cautelare emessa dal G.I.P. di Cagliari a carico di 3 persone di Cagliari presunti capi di due associazioni a delinquere finalizzate al traffico di stupefacenti. Sono complessivamente 28 le persone indagate, delle quali una raggiunta dalla misura cautelare in carcere e 2 agli arresti domiciliari.
Sono state eseguite 28 perquisizioni domiciliari.
Il gruppo criminale del quartiere San Michele si occupava anche delle “vendite all’ingrosso” di ingenti quantitativi di cocaina, hashish e marijuana, che poi venivano distribuiti in altre piazze della città e della provincia.
La droga, in base alla qualità, veniva denominata "kinder", "carrera", "goldon", "messi" o "nike".
Secondo le ricostruzioni degli agenti le attività di vendita delle dosi iniziavano nel pomeriggio, puntualmente alle 13, e andavano avanti ininterrottamente sino alle 23,30. In una giornata di “lavoro” entravano negli androni non meno di 250 persone, soprattutto giovani, per acquistare le dosi. Il prezzo di ogni dose era di 5 euro per hashish e marijuana e di 30 euro per la cocaina.
I pusher venivano pagati 120 euro per ogni giornata di lavoro e non potevano allontanarsi dal loro posto nemmeno per cenare. Non erano ammesse pause e l’organizzazione, quindi, si occupava di fargli consegnare la pizza per la cena.
In alcune giornate nelle quali i clienti erano talmente tanti che i due presunti capi intercettati si preoccupavano per l’”assalto che c’era stato” e per la droga che era finita e che andava subito di nuovo procurata in grosse quantità.
Oltre ad assegnare gli incarichi, i due avrebbero anche punito con il “licenziamento” gli spacciatori che rubavano le dosi per rivendersele in proprio o si impossessavano di parte degli incassi. Analoghe “punizioni” arrivavano se le vedette si distraevano o se, durante il “servizio”, consumavano droga.
I due presunti capi si sarebbero occupati anche di mettere a disposizione dei loro sottoposti i difensori in caso di “problemi legali”, poi avrebbero mantenuto l’assoluto controllo delle attività rimanendo costantemente sulla piazza, anche per risolvere eventuali problemi che potevano nascere. Inoltre si occupavano di cambiare nei supermercati le banconote di piccolo taglio e le monete con cui i clienti pagavano le dosi.
La presunta associazione di via Castelli si sarebbe rifornita di una parte della droga ricorrendo al sodalizio criminale del quartiere San Michele. Questa associazione aveva la sua base nella casa dell’arrestato e in una strada del quartiere San Michele. La via veniva indicata convenzionalmente come “cantiere” oppure “caddozzo” dove c'era la centrale per la vendita all’ingrosso. In una pizzeria del quartiere, sempre di proprietà dell’arrestato, invece, veniva fatta la vendita al dettaglio delle dosi che venivano consegnate dai pusher dell’organizzazione anche a domicilio, con auto e scooter o a piedi all’interno di borsoni.
I panetti di droga venivano nascosti in un autolavaggio, in una palestra e in una sauna di proprietà della famiglia dell’arrestato.
Nell’indagine sono state fondamentali le attività di intercettazione e di videosorveglianza delle due piazze di spaccio. Grazie a diverse microcamere installate dagli investigatoti è stato possibile documentare le attività illecite e ricostruire l’organigramma delle associazioni.
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