MACCHIAREDDU. Quindicimila, forse ventimila: tonnellate di scarti industriali sotterrati nella zona industriale di Macchiareddu, in un'area di circa sette ettari. Rifiuti speciali, non tossici (è bene precisarlo) che qualcuno ha deciso di scaricare in passato - forse negli anni Ottanta - in un terreno non lontano dal centro direzionale del Cacip. Sottoterra, fino a una profondità di almeno due metri e mezzo, e sopra. Basta andarci: ci sono dei cumuli di materiale “non meglio identificato. L'area è stata utilizzata negli anni '80 come cava di prestito e nel tempo riempita impropriamente. Da un'analisi superficiale del materiale sembra trattarsi di solfato di calcio”. Accompagnato dalla presenza di metalli pesanti che, però, sarebbero nei valori sotto soglia di legge. Ma ancora il punto è da definire. Ceneri, quindi: uno scarto di lavorazione di alcuni cicli industriali portati avanti nella zona. Questo si legge negli atti sulla vicenda.
Il Consorzio industriale a marzo ha avviato un piano di caratterizzazione per capire cosa c'è nel sottosuolo. Il 3 aprile la nota inviata a Regione, ministero dell'Ambiente, Comune di Assemini e Arps: “È stato rinvenuto materiale estraneo alla geologia del sito”, scrivono dal Cacip. Una settimana dopo la riunione, con gli enti di controllo, per analizzare i fatti e trovare una soluzione: quella discarica deve essere bonificata. Esattamente, allora, non si sapeva cosa fosse stato interrato. Tanto che i tecnici chiedono, il 10 aprile, un monitoraggio dell'eventuale presenza di amianto. Le indagini ambientali sono state affidate, sarebbero già arrivati i primi risultati.
La macchia sterile è visibile anche dalle mappe satellitari: ci sono ampie zone nelle quali l'erba non cresce. Sui cumuli “di materiale non meglio definito” sono stati abbandonati degli pneumatici. In una discarica non autorizzata abbandonata per anni.