CAGLIARI. Ormai è chiaro: qualunque rischio di finire in zona gialla per la Sardegna è legato alla mancata volontà di vaccinazione o all’inerzia sul tema. Lo dicono i numeri dei ricoveri. Il campione ideale è quello dell’ospedale cagliaritano del Binaghi. L’aggiornamento è di stamattina: nei reparti ci sono 56 ricoverati con sintomi e nove in terapia intensiva. In entrambi i casi, posti letto occupati in crescita rispetto a ieri.
Ma è solo scendendo nel dettaglio rispetto ai macrodati che si possono comprendere le dinamiche. Tra tuti i ricoverati, solo tre avevano ricevuto la doppia dose di vaccino. Ma uno aveva optato per il siero cinese, non riconosciuto in Europa. Altri cinque si erano sottoposti alla prima somministrazione. Per tutti coloro che hanno concluso o iniziato il percorso di immunizzazione le condizioni sono date in miglioramento. Tutti gli altri non sono vaccinati. Nemmeno una dose. Così tutti quelli che sono finiti in Rianimazione.
Colpa del sistema che non ha garantito l’accesso al vaccino in tempo utile? Non proprio. Perché le tabelle anagrafiche dicono che solo cinque pazienti rimasti al Binaghi hanno meno di 40 anni. E stando al sito del governo in Sardegna non si sono ancora presentati negli hub circa 92mila sardi tra 40 e 49 anni, 82mila tra 50 e 59, 60mila tra 60 e 69, 30mila tra 70 e 79 anni e 13mila ultranovantenni. Queste ultime sono le categorie più colpite, quelle che finiscono in ospedale. Oggi le terapie intensive, salvo dimissioni, nel bollettino nazionale potrebbero risultare piene al 5%. Il limite del decreto è il 10. E l’Istituto superiore di sanità ha già fatto una previsione funesta: la Sardegna è una delle poche regioni che potrebbe superare la soglia entro il 20 agosto.
