CAGLIARI. Mentre bar e ristoranti possono servire al tavolo i clienti, almeno fino alle 18, il mondo del fitness rimane al palo. Gli adeguamenti fatti non sono bastati. Da sette mesi i titolari delle palestre sono costretti a tenere i loro centri chiusi. “Ci sentiamo figli di un Dio minore”, dice Alessandra Piredda, titolare della Forma Karalis, “siamo in balia del tempo, siamo motivati dai frequentatori delle nostre attività, ma speriamo che questa situazione abbia fine perché sta diventando insostenibile”.
Aspetto da non sottovalutare secondo i titolari delle palestre è, introiti a parte, l’abitudine delle persone a svolgere l’attività fisica dopo mesi di stallo. “La clientela non sarà la stessa”, dice Fabio Ferrari, titolare della Ferrari Gym, “andranno cambiati i format, le dinamiche di turni, spazi e corrispettivi, e nel frattempo si dovrà far fronte ai debiti contratti dalle aziende”.
“Un danno importante dal punto di vista economico”, dice Davide Dotta, presidente dell'associazione sportiva Athlon, “noi chiediamo solo di riaprire e di farlo in sicurezza, rispettando le norme, con la tracciabilità delle persone, con il distanziamento, anche con l’utilizzo della mascherina, non vogliamo essere dimenticati, non si parla più di palestre, sembra un settore dimenticato e sembra che le persone non abbiano più necessità di fare sport, quindi oltre al danno economico si dovranno ricucire le buone abitudini delle persone”.
“Nulla cambia per noi in zona gialla”, dice Marco Isola, titolare della Tribune, “siamo ancora chiusi nonostante i protocolli più stringenti: questo dimostra la cultura assolutamente antisportiva da parte della classe politica che pensa che l’attività sportiva sia uno sfizio e non un elemento essenziale delle persone”.