CAGLIARI. Il taglio dei parlamentari mira a dare un potere maggiore alle segreterie dei partiti. E la Sardegna rischierebbe di sparire dai centri decisionali. Sono solo due ragioni per votare No al referendum del 20 e 21 settembre esposte questa mattina dal comitato che si oppone al taglio dei parlamentari. Una consultazione che si sarebbe dovuta tenere lo scorso 29 marzo, rinviata poi a causa dell’emergenza coronavirus. E non è neanche la prima che ha come obiettivo la riduzione lineare del numero di eletti: gli italiani sono già andati a votare 3 volte in 14 anni.
La riforma costituzionale, in caso di vittoria dei sì, prevede un taglio del 36,5 per cento dei componenti di entrambi i rami del Parlamento, da 630 a 400 seggi alla Camera e dai 315 e 200 seggi al Senato.
“La nostra Regione è un’isola di disuguaglianze destinata ad avere sempre meno spazi democratici”, spiega Roberto Loddo, rappresentate del comitato per il No, “l’assetto costituzionale e democratico del Parlamento e di tutte le assemblee elettive è uno dei pochi strumenti che abbiamo a disposizione per difenderci dalle suggestioni autoritarie e dalle derive antidemocratiche di chi vorrebbe pochi uomini al comando”.
E a chi pensa che si possano risparmiare i soldi con un Sì, Loddo risponde che “non c’è nessun risparmio effettivo: il costo di un caffè al giorno non può essere considerato un risparmio. Lo sarebbe tagliare i costi non della rappresentanza politica o dell’assemblea, ma della politica stessa. I partiti possono farlo attraverso i loro rappresentanti eletti”.
Concetto espresso anche da Claudia Zuncheddu, ex consigliera regionale, rappresentante del movimento Sardigna Libera. “Gli stipendi sono eccessivi, se la produttività del rappresentante istituzionale fosse elevata, nessuno baderebbe allo stipendio, ma visto che le scelte politiche fatte sono quelle alla base della crisi economica, allora si fa anche il conto con gli stipendi. Bisogna votare no a questo referendum, il taglio mira a dare strapotere alle segreterie dei partiti”.