CAGLIARI. "Qui, dove prima si potevano sedere 10, 12 persone, riuscirò a farci stare due persone. In tutta la sala sei. E quattro giù. Cosa me ne faccio per dieci coperti di cuochi, aiuto cuochi, camerieri? Faccio tutto da solo. Non fateci riaprire. Fatelo a settembre, ottobre. Ma così non serve a niente". Claudio Ara è il titolare di Su Tzilleri e su doge nel quartiere di Castello, a Cagliari.
Lavora nel campo della ristorazione da 42 anni e prova a spiegare come dovrebbe sopravvivere un'attività come la sua con l'eventuale riapertura nel rispetto delle distanze imposte dal coronavirus, come ipotizzata dal governo. I posti a sedere sarebbero tagliati, quindi sarebbe impossibile mantenere i medesimi livelli occupazionali. Al netto "dei pannelli di plexiglass, e che senso ha andare a cena fuori?", aggiunge Ara, "e se poi uno starnutisce? Io non ci voglio più stare in questa sala", spiega il notissimo ristoratore.
Ara non chiede aiuti per ripartire, ma ha ancora qualcosa da dire: "Di 600 euro non me ne faccio niente. Ma dovete lavorare su una cosa: io sono rimasto chiuso, le bollette sono arrivate. Intervenite su questo. Mi dovete aiutare voi a pagarle, perché io ho chiuso nel rispetto delle vostre norme. Ma riaprire adesso non serve a niente, non fatelo per farci pagare le tasse". Non manca la parte sentimentale: "Io amo questo lavoro, la gente qui si incontra, parla. Guanti? Mascherine? Non togliete la poesia".