CAGLIARI. C'erano un morto, un fantasma e un assolto. Sembra una barzelletta, ma non fa ridere. Sono i ruoli dei protagonisti del disastro ambientale nella miniera d'oro di Furtei, l'Eldorado in salsa avvelenata sarda trasformato in centinaia di ettari di terreni contaminati da metalli pesanti come ferro, manganese, rame e zinco. Senza contare le vasche colme di cianuro. Oro poco, inquinamento tanto, responsabili nessuno.
Il pm Daniele Caria aveva messo sotto accusa i vertici della Sardinia Gold Mining, società creata per cercare luccicante ricchezza sottorranea a Santu Miali, poi fallita nel 2009 lasciandosi alle spalle un inferno ambientale. Undici anni dopo arriva il verdetto finale: l'unico chiamato a rispondere dell'imputazione davanti a un giudice, il canadese Brian Roy McEwen, è stato assolto per non aver commesso il fatto. Poi c'erano altri due amministratori: l'americano Steward James Grant è morto e il connazionale William Redmonty, presidente del cda, non era stato rintracciato: irreperibile, per gli inquirenti che lo volevano trascinare in Tribunale. Il disastro ambientale è accertato, ma non paga nessuno.
Meglio, chi deve sborsare soldi in grande quantità c'è: la Regione, quindi i sardi. Perché le bonifiche sono state prese in carico da chi ha subito il danno: nel 2017 è stato varato un programma di intervento da 65 milioni di euro per disinnescare la bomba ecologica. I tempi sono lunghi e la ferita purulenta resta aperta. E continua a essere infetta, tanto da contagiare altre zone della Sardegna: come il territorio tra Sardara e Sanluri, sotto la Carlo Felice: qui, per costruire un tratto di Statale, erano state utilizzate le terre di risulta degli scavi di Santu Miali. Un cavalcavia gronda sostanze tossiche a ogni pioggia. Responsabili? Nessuno, nemmeno lì. E, come nel caso della miniera, la Regione promette di metterci mano. Con soldi pubblici. Il movimento indipendentista Liberu cita De Andrè, per spiegare la situazione: “Anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti”.