CAGLIARI. Capelli persi. O rasati, quelli che sono rimasti. Mascherina chirurgica a coprire bocca e naso. Ma forse quella sarebbe stata indossata lo stesso. Perché il sistema immunitario di chi ha il cancro è vulnerabile: basta un raffreddore e sono guai. Seri. Ospedale Oncologico di Cagliari, ore 8,30: i pazienti e i loro parenti fanno la fila all'ingresso. Sono tanti, all'aperto. Non piove, per fortuna. E si può stare. Tutti in piedi, ovviamente. Distanziati, per quel che si può. Ogni tanto bisogna avvicinarsi, per forza: lì, nella "sala d'attesa" a cielo aperto del Businco passano le auto. Si creano pure piccoli ingorghi. Non tutti riescono ad affrontare la breve pendenza della strada interna che da via Jenner porta all'ingresso dell'ospedale. Ma tutti devono aspettare il loro turno. Ci sono i bigliettini, come al supermercato. Un'infermiera chiama a gran voce ogni numero: 45, 46, 47. E così via. Si entra a gruppetti. E sono i pazienti, quando tocca al turno successivo, a ricordare alla donna a che punto fosse arrivata. C'è chi deve consegnare un'impegnativa, chi deve incontrare un medico. E chi deve sottoporsi alla chemioterapia. Saranno altre ore di attesa. Magari dopo un lungo viaggio di chilometri.
Dentro c'è il gel per le mani, il controllo col termoscanner. L'atrio è stato trasformato. Cinque banchi, altrettanti addetti al controllo. Si compila un modulo. Nome, cognome, "no, non sono stato fuori dalla Sardegna di recente" e "no, non ho avuto contatti con contagiati". E poi la sottoscrizione della temperatura appena rilevata. Chi è sopra il 37 è un pericolo. Bisogna dichiarare il motivo della presenza, a quale piano si è diretti. Tutto. Perché se successivamente si dovesse scoprire che uno (o una) è positivo deve essere tracciato ogni suo movimento tra i reparti.
Così si è organizzato l'Oncologico di Cagliari. Fila fuori, il solito dolore dentro. Alternative, al momento, non ce ne sono. E si eseguono, come in tutti gli altri ospedali, solo gli interventi urgenti e si somministrano le cure inderogabili. Le visite saltano, cancro o no.
L'attività ambulatoriale, in tutta la Sardegna, è ferma da due mesi. Cardiopatici, diabetici, tutti coloro che hanno a che fare con un problema di salute: la visita è rimandata a data destinarsi, arrivederci. Quando? Non si sa. I cardiologi dicono che gli infarti sono triplicati durante l'epidemia. Chi ha quello strano dolore alla pancia non si rivolge più al pronto soccorso, o alla guardia medica: non si sa mai, col virus. E magari non è solo una banale colica. Il medico potrebbe stabilire la causa. Basterebbe un'ecografia. Ma è tutto fermo.
Il coronavirus ha fatto attivare le terapie intensive e ha bloccato tutto il resto, si dice. Ma non è così. Perché il Covid è entrato nelle vite di tutti, gli uomini hanno preso le decisioni per contrastarlo. Adesso quelli che sono nella posizione di decidere devono farlo. Devono decidere come ripartire.
E va bene che si parli delle spiagge. Di come ci si potrà tornare. Ma per farlo bisogna essere sani. Non malati gravi. O morti.
- E.F.