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Recovery Plan: un altro Museo del Mare fotocopia del Betile (mai nato) di Cagliari

Betile 4

CAGLIARI. Il tanto atteso  PNNR - Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza dell’Italia, per l’utilizzo dei fondi previsti dal Next Generation Europe, il recovery plan europeo, (qui il testo integrale: LINK)   ha incassato il via libera del parlamento italiano e sta per essere consegnato all’Unione Europea.   Tra le tante infrastrutture e i molti progetti multimilionari, il PNNR  prevede anche un elenco di 14 progetti definiti “grandi attrattori culturali”   con  diverse città  che riceveranno complessivamente oltre 1.460 miliardi di  euro per potenziare e valorizzare il proprio territorio, con opere infrastrutturali di valenza culturale e forte  richiamo turistico. (qui l’elenco dei progetti: LINK)

Si prepara un grande piano di interventi con molti progetti distribuiti tra le città del nord e centro Italia che vede anche una forte presenza del Sud. Ai progetti di  Milano, Venezia, Trieste, Torino, Genova, Firenze e Roma si affiancano quelli di Napoli, Bari e Reggio Calabria, insieme alla Sicilia  che vede finanziati ben due suoi progetti, per  Palermo e Trapani.  La nostra Sardegna purtroppo, in questo rilancio culturale e turistico,  non esiste.  Assenza  emblematica che lascia il segno e ci ricorda l’incapacità di noi Sardi  di  progettare  insieme   il  futuro della nostra collettività. 

Perché non credo sia mai stato un problema,  in Sardegna, trovare  persone in grado di esprimere  idee utili per migliorare il proprio futuro.  Mancano invece sicuramente coloro in grado di attuarle,  lavorando per l’interesse comune e insieme agli altri. In effetti, in questo genere di errori, noi Sardi siamo specialisti e sappiamo farci male anche da soli.  Infatti non ci sono mai mancate le idee innovative.  

Basti solo un esempio, che troverete proprio  nei  14 progetti  “grandi attrattori culturali” dentro il Recovery Plan dell'Italia, in cui risalta il corposo stanziamento di 53 milioni di euro destinati alla realizzazione del  “Museo del Mare” di Reggio Calabria.

Reggio Calabria Museo del Mare

Quella del Museo del Mare di Reggio Calabria (vedi foto sopra) è frutto di un'idea non troppo recente in quanto è stato progettato nel 2009,  dall’importante e nota  architetta e designer britannica di origine irachena  Zaha Hadid,  scomparsa prematuramente nel 2016.  Soltanto dopo oltre un decennio questo progetto riesce a  trovare finalmente i fondi per la sua realizzazione.  E questo avviene grazie al Recovery Plan, in una  Calabria che non  rappresenta certo un territorio  privilegiato,  rispetto alla Sardegna, dato che probabilmente  sconta difficoltà economiche, infrastrutturali, sociali  e culturali forse anche peggiori.  

Le  immagini che lo rappresentano e collocano nel contesto del lungomare cittadino,  come anche  il progetto architettonico, a detta di molti esperti,  sono praticamente identiche al  “Museo BETILE”  disegnato per Cagliari molti anni prima, nel 2005, dalla stessa Zaha Hadid.  Questo “moderno spazio museale  fluttuante tra cielo, mare e terra,  dove troveranno casa le opere dell’antichità e dell’arte contemporanea” poteva quindi sorgere, tranquillamente e con le stesse modalità, anche qui da noi.   Anche perché proprio nostra sarebbe quell’idea.   

In effetti la somiglianza,  anche ad un profano, appare  impressionante non solo  per le linee architettoniche e per la location ideale  sul fronte del mare, ma perché frutto di un’idea identica grazie a logiche che ne ispirano lo sviluppo, con fini culturali e turistici a favore del  territorio. Questo  “Museo del Mare” che vedrà la luce grazie ai 53 milioni del Recovery Plan è  quindi soltanto la  progenie lontana e infinitamente più fortunata, del mai nato  “Betile,  immaginato  in Sardegna  quindici anni orsono dall’amministrazione regionale guidata da Renato Soru.   Un progetto che potete ancora visionare nel rendering della brochure di presentazione sul sito tematico della Regione Sardegna ad esso dedicato (LINK)

Un progetto quello del Betile, abbastanza controverso tanto è vero che, così come venne rapidamente disegnato e immaginato, altrettanto rapidamente scomparve dall’orizzonte.  Un  museo bianco come una nuvola, dalle linee futuristiche e morbide, adagiato sul lungomare di Sant’Elia, che avrebbe dovuto accogliere reperti di archeologia nuragica e arte contemporanea insieme. Una idea  che allora convinse molti e portò tanti sardi e cagliaritani a guardare con occhi nuovi e prospettive diverse la propria terra e la propria città, pensando a  come sarebbero potute diventare in futuro.  Ma, come spesso avviene in Sardegna,  ogni nuova idea  viene  vista  anche con altrettanta  diffidenza, suscita  discussioni e  fa storcere  il naso a tanti altri.  Anche i detrattori furono molti e arrivarono, a torto o a ragione, a  definirlo una rovina estetica  per lo skyline della città,  una sorta di  “ecomostro” ambientale  a picco sul mare  e  anche una stortura e forzatura  culturale per  l'idea di unire archeologia e arte moderna.  

Fedeli alla migliore tradizione isolana,  molte critiche hanno accompagnato i pareri contrastanti, le divisioni, le lotte intestine e i franchi tiratori dietro i “muretti a secco”.   E il progetto del Betile  poco tempo dopo il suo annuncio si è trasformato in una idea  originale, ma utopica e  abbastanza folle. Comunque impossibile da realizzare. Una sicura incompiuta destinata a restare sulla carta.    

Un’idea però che, nel tempo si è rivelata anche  bella e  pronta per essere copiata e facilmente riprodotta altrove.  

Consoliamoci almeno pensando al fatto che fosse un progetto innovativo e vincente se ha dato la stura, nell’ultimo decennio e fino ad oggi, a molti altri progetti analoghi sempre firmati dalla stessa architetta.   In questa figura, di progetti simili,   ve ne mostriamo quattro. Si tratta di progetti talmente simili tra loro da farci quasi sospettare  che, oltre alla stessa firma, anche  le  librerie  di disegno  CAD o per il  rendering 3D  utilizzate dallo Studio Hadid per crearli  tutti siano sempre state le stesse.  

Un tesoretto  architettonico gelosamente custodito, tramandate e trasferito, anche per poter essere rivenduto a caro prezzo, a diversi clienti e da un capo all’altro del mondo.  Oltre al Betile, in basso a destra nell'immagine che li raffigura tutti insieme, trovate in alto a sinistra  il Museo del Mare di Reggio Calabria di cui parliamo  e, subito sotto,  un analogo progetto per la città di Dubai.

Ed  è anche particolarmente interessante notare il  progetto in alto a destra,  altro  “figlio”  della stessa  fantasia  ideale che ha disegnato il Betile  (o dello stesse librerie di rendering). Si tratta del Centro Culturale Heydar Aliyev, di  Baku, la capitale dell’Azerbaigian, un edificio  che nella foto sotto (tratta da una vista con StreetView  di GoogleMaps)  potete ammirare in tutto il suo realismo dato che esiste realmente.

 

Arzebaigian Heydar Center

Questo importante e moderno Centro culturale della capitale Azera (LINK) è stato infatti costruito nel 2012, anche esso nasce quindi ben 7 anni dopo il progetto del Betile, che diventa  quasi una sorta di  prolifico genitore occulto di una vasta progenie.  Un progetto diventato quasi un “topos”   evocativo per la creazione di  luoghi e infrastrutture in grado di  “attrarre” il  turismo culturale,  che si dimostra  replicabile, realizzabile  e possibile  quasi ovunque, tranne che in Sardegna.    

Eppure è  evidente quanto qui da noi non  manchino  buone idee evocative o capacità di fare progetti che altrove,  in Azerbaigian o in Calabria,  invece abbondano.  Non mancano le idee nemmeno alle nostre giovani intelligenze che, purtroppo, sono costrette spesso a lavorare  fuori e lontano da questa isola.   E  sappiamo anche quanto, quando questo espatrio avviene, le buone idee o le aspirazioni e gli ideali di tanti Sardi e Sarde  continuino a riscuotere apprezzamenti e ad avere  successo nei diversi ambiti di riferimento.  Quelle stesse persone con le loro idee, non di rado,  sono alla base dei successi  e dello sviluppo,  economico, scientifico e culturale degli  altri territori. Avviene  in Italia  come  all’estero.

Penso quindi sia  ben altro l’anello mancante in questa catena di “distribuzione” delle risorse europee e dei  benefici che ne deriveranno,  che trascina la Sardegna fuori dai giochi.   Ecco, senza piangersi  troppo addosso,  forse è molto  più utile dirselo  chiaramente  per prenderne atto.   Questa ennesima occasione mancata, dovuta all’assenza di progetti presentabili e  in grado di attingere ai fondi Europei per il rilancio culturale della Sardegna, forse ce la meritiamo.  

In quanto è  ben rappresentativa della  grigia situazione  in cui ci troviamo da tempo.  Situazione non  dovuta alla mancanza di progetti individuali ma specchio di strutturali e croniche carenze, a livello collettivo,  di risorse economiche,  infrastrutture,  tecnologie, competenze, ideali e valori culturali condivisi che possano essere un riferimento per l’intero tessuto  sociale. 

Perché è solo quando esistono tutti questi elementi, integrati fra loro e  sorretti da una  unanime volontà di rappresentarsi quali persone unite per uno scopo comune, a prescindere da qualsiasi  appartenenza,  che si può creare l’unico  terreno fertile nel quale sviluppare  progetti di sviluppo per il futuro che siano seri e competitivi.   Senza questo “humus” sociale e culturale condiviso,  che sembra quasi impossibile da ottenere per noi, per la comunità di sardi che siamo diventati e nella Sardegna in cui ci troviamo,  non saremo mai davvero in grado di progettare, presentare o sostenere, tutti insieme,  qualcosa che possa cambiare,  in meglio, il nostro futuro.