BOLOGNA. La famiglia di origini tunisine a cui Matteo Salvini citofonò nel 2020, chiedendo se ci fosse uno spacciatore in casa, è stata condannata per droga. Quel gesto durante la campagna elettorale per le Regionali in Emilia-Romagna scatenò pesanti polemiche.
Il Gup Sandro Pecorella ha deciso condanne a due anni, sei mesi e venti giorni per un uomo, un anno per la moglie, quattro anni sei mesi e venti giorni per un figlio, tre mesi e dieci giorni per un'altra parente, mentre un altro figlio era minorenne all'epoca.
Rientrano nel processo in primo grado a un'organizzazione che gestiva lo spaccio in zona Pilastro a Bologna che si è concluso con 21 condanne totali.