CAGLIARI. “Basta Inno di Mameli nelle scuole sarde”, è la rivendicazione degli indipendentisti di Progres (Progetu republica de Sardigna). “Abbiamo ricevuto da parte di diversi genitori la segnalazione che nelle scuole di Sardegna, primarie e secondarie, maestri e professori si stanno prodigando nell’insegnamento ai propri alunni dell’inno ‘nazionale’ italiano (il ‘Canto degli italiani’ anche noto come inno di Mameli); pur non essendo questa una novità, ci teniamo a ribadire che questo approccio sciovinistico della scuola italiana risulta fuori dal tempo e dalla storia, come peraltro lo è lo stesso inno che si vuole far studiare agli inconsapevoli studenti”, si legge su un comunicato.
Per Progres le istituzioni scolastiche dovrebbero avere cura di sviluppare la capacità critica dei bambini e dei ragazzi, indirizzandoli verso valori di rispetto degli altri popoli e di una convivenza pacifica. “Ciò che francamente non riusciamo a scorgere nelle strofe dell’inno italiano, nonostante i tentativi di edulcorarlo e renderlo così più popolare, operazione comunque mai riuscita”.
Il partito indipendentista ritiene sia più utile per i giovanissimi sardi l’apprendimento delle nostre poesie e dei nostri canti che non solo consentirebbe agli studenti di “apprezzare le lingue parlate nella loro terra – e quasi totalmente escluse dalla scuola – ma anche di conoscere le importanti vicende storiche che gli stessi componimenti raccontano”.
E aggiunge: “Progetu Repùblica ritiene che questo sarebbe un segnale di sensibilità verso i sardi che la scuola italiana non ha però mai avuto, preferendo invece indottrinare le nostre giovani generazioni ad un vetero nazionalismo italiano ed osservando il massimo riserbo su tutto ciò che identifica i sardi come Popolo: la lingua, la nostra storia e la nostra cultura. Invitiamo perciò gli insegnanti sardi a non rendersi complici di questa operazione e gli esortiamo, attraverso le modalità che riterranno più opportune, ad operare un insegnamento che sia generoso per i loro giovani studenti che non possono ignorare la loro storia e la loro lingua”.