In Sardegna

Gli architetti della Sardegna uniti: "No al piano casa della Regione"

Edilizia

CAGLIARI. Il piano casa della Regione non piace agli architetti della Sardegna. "Non ci riconosciamo nel metodo, nei contenuti e nel linguaggio del disegno di legge": sono le parole di Tiziana Campus,  presidente della Federazione che riunisce i quattro Ordini degli Architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori della Sardegna, sentita in commissione Urbanistica del consiglio regionale.

"Questa impostazione della norma svilisce e vanifica gli enormi sforzi che abbiamo fatto in tutti questi anni di coinvolgimento e dialogo con la cittadinanza per far capire la fondamentale importanza della qualità delle trasformazioni architettoniche. Siamo giunti alla conclusione che la trasformazione qualitativa dei territori si può ottenere solo con la trasformazione culturale della domanda", ha spiegato la Campus. 

Era presente anche Paolo Falqui, referente della Commissione urbanistica degli architetti: "Dobbiamo evidenziare come ormai da 11 anni (dalla prima approvazione del Piano Casa) si è scelto di privilegiare lo strumento della deroga sempre più estesa e diffusa (sia in termini di ambiti di applicazione che in termini di intensità delle deroghe concesse) rispetto al metodo della pianificazione, della progettazione delle città e del territorio che dovrebbe coordinare gli interventi e massimizzare le ricadute e le opportunità di interesse generale nei diversi contesti di intervento. A questo proposito va purtroppo ricordato che il testo della Legge Regionale 23 aprile 2015 n. 8, oggetto di modifica dal presente DL 108, in precedenza è già stato modificato ben sette volte. Questa sarebbe l'ottava. Si sta rinunciando in definitiva a volere incidere su una dimensione più ampia, integrata, coordinata del governo del territorio. L'obiettivo di riqualificazione del costruito e del paesaggio, e di utilizzo dell'edilizia come motore economico, può essere in parte condivisibile, ma rispetto ad esso il testo proposto appare sostanzialmente inefficace per una serie di motivi. Di fatto con questa impostazione della legge, la Regione si ritrae dal suo compito, che è quello di formulare strategie complessive. Affidando lo sviluppo dell'Isola solo ad un sistema di deroghe, sembra credere che uno sviluppo organico possa scaturire da iniziative sporadiche",  specifica.

Secondo gli architetti dunque: «Il disegno di legge rischia di essere inefficaceperché separa l'edilizia da una strategia complessiva sui temi dell'offerta turistica, dello spopolamento dei piccoli centri, del rapporto tra centri urbani e agro. Il rischio è quello di produrre cubatura senza sviluppo.Al contrario, la definizione di strategie complessive sui vari temi favorirebbe in maniera concreta la riqualificazione del costruito e l’operato di tecnici e imprese. Un quadro normativo certo, chiaro e stabile è condizione necessaria per lo sviluppo dell'Isola. Un testo che inanella deroghe su deroghe costruisce una cornice incerta che sarà certamente oggetto di impugnazioni e fonte di contenzioso.Non è né uno strumento utilizzabile dai tecnici, né uno strumento utile per chi deve valutare i progetti, né infine una guida sicura per i proprietari degli immobili o per le decisioni imprenditoriali»aggiungeFrancesco Spanedda, Ricercatore in Composizione architettonica e urbana e docente all'Università di Sassari.

Gli fa eco Teresa De Montis, presidente dell'Ordine della Città metropolitana e Sud Sardegna: "Non apprezziamo particolarmente il linguaggio della proposta di legge. Il testo è complessissimo per i tecnici del tutto incomprensibile per i cittadini . E soprattutto non è pensabile che la discussione su un tema così delicato e importante per il futuro del nostro territorio, debba avvenire in tempi così ristretti. E' evidente che con questo sistema, e la fretta con la quale si vuol raggiungere l'obiettivo, l'unico risultato che otterremo sarà un inevitabile impoverimento della qualità del paesaggio. Mi riferisco ad esempio alla possibilità di edificare nei terreni agricoli senza essere imprenditori agricoli parcellizzando l’agro e impoverendo il territorio . Qual è il senso ti tali volumi se non legati a un'attività agricola? Se si autorizzano queste costruzione, va da sé che prima o poi dovranno essere realizzate le opere di urbanizzazione. Chi le paga? La comunità. Di chi sono i benefici? Del singolo e a breve periodo perché poi sarà un costo per tutti",  affonda la De Montis.


Ma la normativa riferita all'agro è solo un esempio. "Possiamo farne altri – prosegue - In un passaggio del disegno di legge si offre la possibilità di costruire in prossimità di “zone attrattive”. Ci chiediamo innanzitutto perché non si è puntato sulla riqualificazione dell'esistente. Lo spopolamento dei nostri Paesi non si combatte con nuove cubature. In secondo luogo è addirittura prevista una sorta di premio per chi realizza “un'opera di pregio”. Ora, secondo noi, questa dovrebbe essere una condizione essenziale e condizionante a monte, non motivo di una eventuale premialità successiva".

Infine la questione dei Centri storici: «Se il provvedimento dovesse essere approvato così come l'abbiamo letto, possiamo certamente affermare che cadrebbe totalmente l'utilità dei Piani comunali, strumenti invece fondamentali per una pianificazione omogenea e coerente con le esigenze dei territori e dei loro abitanti» conclude Falqui.