In Sardegna

Confcommercio: "Legge sarda sugli home restaurant? Servono norme chiare e uguali per tutti"

Home-restaurant

CAGLIARI. "Apprendiamo della proposta di legge da parte dei Fratelli d'Italia tesa a promuovere, regolamentare e sviluppare il settore degli home restaurant in Sardegna. Sebbene per  il  Mise  l'attività di “Home Restaurant” continui ad essere classificata come attività imprenditoriale di somministrazione di alimenti e bevande, al momento rimane ancora un grande vuoto normativo a livello nazionale”. Così Alberto Bertolotti, presidente di Confcommercio Sud Sardegna e consigliere nazionale Fipe (Federazione pubblici esercizi) all’indomani della presentazione da parte del gruppo consiliare Fratelli D’Italia della proposta di legge  che mira a valorizzare l’home restaurant e il social eating. L’associazione di categoria contesta anche la mancata chiarezza sul tema della sicurezza e della concorrenza. 

Emanuele Frongia del Fipe Confcommercio Sud Sardegna afferma: “Viene naturale chiederci come possa essere promosso in ambito  regionale un comparto che  a livello nazionale non è stato ancora normato”. La Fipe non vuole ostacolare la legittimazione di una nuova possibile offerta ma chiede "che le aziende abbiamo come prima tutela una chiarezza normativa in modo da poter competere ad armi pari e quindi essere, come sempre, portatori di professionalità e di valor aggiunto. Le aziende sono state create da appassionati che hanno fatto delle origini menzionate nel testo di legge nient’altro che la propria professione dando un valore aggiunto a tutto il territorio”.

Secondo l’associazione "in sintesi si mangia e si beve dappertutto. Questo è il contesto che caratterizza oramai i centri storici delle nostre città. Take away, negozi alimentari, artigiani, minimarket, una miriade di attività senza servizio, senza personale, senza spazi. Non hanno il bagno, obbligatorio per bar e ristoranti, pagano in alcuni casi la metà o un quarto di quanto pagano bar e ristoranti per lo smaltimento dei rifiuti, se danno da bere ad un minore di 16 anni o ad un cliente in stato di ebbrezza la sanzione non è penale come per bar e ristoranti, ma amministrativa, e non rischiano la chiusura dell’attività. Se le regole hanno ancora un senso, diventa fondamentale che si applichino per tutti”.

L’associazione di categoria si è già attivata per chiedere un’audizione in Consiglio Regionale. “Auspichiamo che ogni tema che coinvolge, per non dire stravolge, il nostro comparto sia tema condiviso e parte integrante di un proficuo dialogo con la Regione e le istituzioni tutte”, ha concluso Bertolotti.