CAGLIARI. Era stata molestata e aggredita a una festa organizzata da Unica 2.0. Le era stato promesso tutto il supporto necessario per trovare i responsabili. "Supporto che però non è mai arrivato". È la denuncia di A. E., la studentessa di medicina aggredita insieme al ragazzo all'uscita di una festa universitaria in via Ospedale pochi giorni fa (qui la notizia) . Lei poi ha pubblicato su Facebook il racconto e le foto dell'accaduto, sperando di trovare aiuto per riconoscere gli aggressori.
Un post arrivato però in ritardo di 10 giorni in quanto la ragazza aspettava il sostegno dell'associazione studentesca: "Dopo aver sostenuto il contrario - spiega A. E.- mi è stato detto, dopo una settimana, che loro non avrebbero pubblicato nessun post per cercare i colpevoli in quanto controproducente (mi chiedo per chi)". Ad arrivare ora è la risposta di Unica 2.0, direttamente dal profilo social. Gli organizzatori spiegano che se avessero pubblicato un post subito dopo l'aggressione (come in effetti avevano promesso alla vittima) avrebbero rischiato di allertare gli aggressori che non si sarebbero più fatti vedere e riconoscere.
Di seguito il testo completo del comunicato:
"Sull'aggressione subita da una studentessa all'ultima festa di UniCa 2.0 vorremmo chiarire come l'associazione si è mossa per sostenere la nostra collega. L’interessata è stata contattata pressoché immediatamente dal Responsabile della nostra organizzazione dopo la vergognosa aggressione, è stata data completa disponibilità a collaborare per arrivare ai colpevoli. È stata data anche, ovviamente, la piena disponibilità a testimoniare in caso di denuncia, denuncia che di fatto è avvenuta come è avvenuto il colloquio con le forze dell’ordine tra queste ultime ed il nostro responsabile. Dopo aver consegnato la testimonianza all’arma dei Carabinieri abbiamo continuato ad indagare tra i nostri conoscenti e chi collaborava con noi alla festa per cercare di individuare i soggetti che hanno aggredito la ragazza. La nostra colpa nei confronti di Alessia è stata quella di dirle, a poche ore dal fatto, che saremmo usciti pubblicamente sulla pagina. A mente lucida, in seguito, abbiamo ritenuto che un post pubblico sulla faccenda sarebbe stato controproducente al raggiungimento dell’obiettivo comune nostro e di Alessia, ovvero individuare i colpevoli: la caccia all’uomo con i post sui social non funziona, ancora meno se a disposizione si hanno pochi elementi per il riconoscimento. Pubblicare un post del genere avrebbe semplicemente annullato le possibilità che questi elementi si ripresentassero ad un evento universitario, riducendo a zero le possibilità di individuarli. Speriamo veramente di sbagliarci a questo punto. Riconosciamo la discutibilità della nostra decisione, e ci scusiamo pubblicamente con Alessia se i nostri sforzi per sostenerla non sono stati sentiti come sufficienti. Vogliamo riaffermare pubblicamente due principi per noi fondamentali: è nostra priorità che chiunque partecipi ad un qualsiasi nostro evento lo possa fare in totale libertà e sicurezza; è nostro primo dovere che, se episodi incresciosi accadano, la vittima sia da noi aiutata e sostenuta al massimo delle nostre possibilità"