ROMA. Testimoni reticenti. Alcuni che hanno mentito. E un accordo tra le compagnie che hanno deciso di non chiedersi reciprocamente i danni, firmato appena due mesi dopo la tragedia nel porto di Livorno, avvenuta il 10 aprile del 1992, quando morirono 140 persone. La commissione d'inchiesta del senato sulla Moby Prince ha concluso i suoi lavori e dalla relazione finale emergono numerose verità, che i familiari delle vittime attendono da 26 anni.
Una certezza: non c'era la nebbia, quella notte, quando il traghetto Moby prese fuoco dopo la collisione con la petroliera Agip Abruzzo. Ed è stato necessario l'intervento della Guardia di Finanza per acquisire, presso un broker alle Bermuda, l'accordo stretto tra gli armatori con il quale sanciscono la rinuncia a qualunque pretesa reciproca di risarcimento. «Ci si è chiesti se la rapidità con cui si è giunti ad accordi fra compagnie e armatori non abbia contribuito da subito ad abbassare il livello di attenzione sulla tragedia», scrivono i membri della commissione. La relazione integrale sarà presentata domani, a Roma. Prima ai familiari delle vittime (26 erano sardi, compreso il comandante Ugo Chessa). Tutti i dettagli nel servizio.