CAGLIARI. "Massimo aveva ventinove anni. Come me. Non ci sono parole che un uomo possa pronunciare in questo momento per colmare questa perdita". Comincia così l'omelia funebre di don Cristiano Piseddu per Massimo Melis, morto la mattina del 2 novembre all'una e mezza, in moto. Un'auto gli ha tagliato la strada in viale Marconi, vicino all'incrocio con via Sarpi. A 800 metri dalla chiesa del Buon Pastore di San Benedetto dove oggi si è celebrato il funerale.
Più di 300 amici e parenti a presenziare. In prima fila i genitori e la fidanzata. Poi gli amici, tantissimi. Molti si fanno forza per non cedere al dolore. Pochi ce la fanno.
"Massimo è una vittima innocente della strada" ha detto don Piseddu dall'altare. Il conducente dell'auto su cui il ventinovenne si è schiantato, ha invaso la corsia opposta, quella percorsa da Melis che procedeva verso il centro di Cagliari. Per il biker non c'è stato nulla da fare. È finito sul muro. E il sessantenne alla guida invece si è dato alla fuga, per poi costituirsi ore dopo.
I singhiozzi non si fermano durante la messa. Qualcuno mormora che se solo il guidatore si fosse fermato e avesse chiamato i soccorsi, forse, Massimo si sarebbe salvato. Ma forse è la rabbia a parlare.
"Una rabbia giustificata di fronte alla bara di un giovane che lascia un figlio senza un padre e una fidanzata senza il suo amato", ha continuato don Piseddu.
La funzione finisce. Fuori, sei motociclisti aspettano di accompagnare l'amico nel tragitto fino a San Michele.
Poi la bara esce, l'applauso nasconde i pianti di chi non si trattiene. Inizia a piovere. I motori delle sei moto si accendono e il carro funebre parte verso il cimitero. Ma i pianti non si fermano.