CAGLIARI. "L'incendio che ha devastato il Montiferru? Andava spento 20 anni fa. Mezzi aerei e a terra potevano poco o niente di fronte a un fuoco che esprimeva una potenza di oltre 10mila megawatt al metro".
L'inchiesta per stabilire le cause dei giganteschi roghi che hanno cancellato boschi e aziende su 20mila ettari di Sardegna sono ancora in corso. Ma si può tentare una prima analisi sulle dinamiche distruttive e sui sistemi di controllo, prevenzione e gestione messi in atto. E lo fa, intervistata da Radio24, Raffaella Lovreglio, docente di prevenzione e controllo degli incendi boschivi dell'Università di Sassari e referente del gruppo di comunicazione della Sisef (Società italiana di selvicoltura).
"Possiamo partire dalla classificazione. Si è trattato di un megafire, un incendio al limite della capacità di controllo. L'investigazione sulle origini è molto complessa", sostiene la docente universitaria. "Al momento", aggiunge, "sappiamo che un primo rogo si è scatenato tra Bonarcado e Santu Lussurgiu a causa di un'auto coinvolta in un incidente. Poi sono partiti fuochi secondari multipli, con un fenomeno piroconvettivo con attività di hotspot. Quindi, potremmo avere un primo evento colposo, poi si sono innescati successivamente, sulla base di energia notevole e raffiche di libeccio a 70 chilometri orari, i fuochi secondari".
Ma perché si è sviluppato un fronte così esteso e, nonostante la gigantesca mobilitazione di uomini e mezzi, ha continuato ad avanzare per 60 ore? "La prevenzione ha aspetti complessi", spiega la Lovreglio, "i grandi incendi vanno spenti 20 anni prima. Bisogna cambiare approccio, la vera prevenzione deve essere fatta attraverso la gestione nel territorio. Con l'abbandono delle campagne il paesaggio silvo-pastorale è stato invaso dal bosco e dalla macchia, che diventano benzina in situazioni come queste". Ossia con un gigantesco fuoco che avanza "in un territorio nel quale prevale l'anticiclone africano, che ha preso il posto di quello delle Azzorre", aggiunge la docente, "con lunghi periodi secchi che hanno tolto umidità alla vegetazione".
Insomma: è, anche, colpa del cambiamento climatico, unito a uno stravolgimento di stili di vita. Così la Sardegna brucia. Con la correità degli incendiari? La Lovreglio è netta: in passato si è parlato di queste dinamiche nell'Isola, "ma adesso è stato dimostrato che le cause degli incendi, le scintille iniziali, sono più accidentali e colpose". Le responsabilità, semmai, vanno cercate in chi gli incendi non li spegne 20 anni prima.