MADRID. "Il coronavirus mi ha portato via Edu, il mio compagno, marito, amico. Lui è morto solo, come tutte le vittime di covid, il 27 marzo, giorno in cui anche io sono entrata in ospedale qui a Madrid". Lei è Valeria Patane. Insegnante, nata in Sicilia, trapiantata da sempre in Sardegna, ha diviso la sua vita tra l'Isola e la Spagna, per stare assieme a Eduardo López Coira, scultore. Il suo uomo che è stato portato via dal virus.
Racconta, la Patane, che solo ieri per lei è finito l'incubo: "Il pneumologo mi ha detto che posso fare a meno dell'ossigeno e che sono quasi guarita. Quasi non ci credo". Perché per quattro mesi ha dovuto fare ricorso alle respirazione assistita. E prova "una gran rabbia quando leggo di dichiarazioni negazioniste e minimizzatrici come di imprudenze collettive". Ecco il suo pensiero, affidato ai social.
Il coronavirus mi ha portato via Edu, il mio compagno, marito, amico. Lui è morto solo, come tutte le vittime di covid, il 27 marzo, giorno in cui anche io sono entrata in ospedale qui a Madrid.
Sono stata a punto di lasciare questo mondo.
Uno sguardo con una dottoressa di 27 anni, uno scambio profondo, rapido e risoluto ha probabilmente cambiato le sorti della mia vita. La giovane medica si è assunta la responsabilità di darmi un farmaco sperimentale ed anche se malconcia dopo 22 giorni sono tornata a casa, ma con ossigeno.
Per 4 mesi sono stata con i tubicini nel naso. Tra letto e poltrona ho cercato di eliminare i residui del covid nei polmoni ed ho cercato di trasformare il dolore per l'assenza in ricordo permanente. Un fisioterapista fantástico e alcuni medici amici mi hanno dato una mano. Amici, affetti, persone vicine, mi hanno sostenuto. Mio figlio Juan è stato meraviglioso. Il figlio dell'anima Roberto non mi ha lasciata mai sola. Le mie cognate ed i fratelli di Edu mi hanno aiutata tantissimo.
Oggi il pneumologo mi ha detto che posso fare a meno dell'ossigeno e che sono quasi guarita. Quasi non ci credo!
Ora alla luce di questa tragedia che mi ha toccato da vicinissimo mi viene una gran rabbia quando leggo di dichiarazioni negazioniste e minimizzatrici come di imprudenze collettive. Sono enormi le responsabilità di Bolsonaro e di Trump in quello che è un genocidio in piena regola.
Nulla tornerà alla normalità per me e per ciò che conosco, ma mi consola la speranza di poter riflettere su tutte le fragilità di questo sistema, dalla sanità pubblica e di qualità per tutti, alle priorità nelle relazioni sociali così stravolte dalla pandemia. È un dovere parlarne, è un imperativo morale dire grazie, è più che necessario denunciare le mancanze della politica e del sistema mondiale che tratta questa terra, la natura e gli esseri umani come materia da utilizzare e consumare.
- Redazione