NUORO. È stato presentato a Nuoro, nella sede del Ceas di Solotti, “L’atlante del monte Ortobene”. La pubblicazione è stata voluta dall’amministrazione comunale e realizzata da un team di studiosi nuoresi: il naturalista, micologo e fotografo Renato Brotzu, il fotografo e scrittore naturalista Domenico Ruiu, il geografo e cartografo Matteo Cara e l’archeologo Demis Murgia. Il progetto grafico del volume, edito da Carlo Delfino editore, è di Sabina Era. Insieme al libro è stata data alle stampe anche una mappa topografica, in cui sono indicati i siti archeologici, i toponimi storici e gli elementi naturali e culturali di rilievo.
Alla presentazione, oltre agli autori, hanno partecipato il sindaco Andrea Soddu e l’assessora con delega al Monte Ortobene, Valeria Romagna.
"Grazie all’Atlante potremo conoscere sempre meglio il nostro monte e farlo conoscere al di là dei confini nuoresi", ha affermato il sindaco Soddu, che ha anche annunciato l’intenzione da parte del Comune di trovare la formula per poterlo mettere in vendita e aumentarne così la diffusione su tutto il territorio regionale e oltre. Riferendosi agli autori, il primo cittadino ha poi spiegato che "si tratta di una pubblicazione scientifica frutto dell’immenso lavoro di studiosi con profonda conoscenza dell’Ortobene, dei quali l’amministrazione ha la fortuna di potersi avvalere". L’assessora Romagna ha invece voluto ringraziare "quanti hanno collaborato e reso possibile la realizzazione del volume, tra i quali gli ex assessori all’Ambiente Rachele Piras e Giuliano Sanna".
Gli autori hanno illustrato ai presenti le parti dell’atlante di cui si sono direttamente occupati. Matteo Cara ha inquadrato l’Ortobene dal punto di vista paesaggistico, morfologico, geografico e spiegato come i materiali del monte siano stati da sempre sfruttati dai nuoresi, come ad esempio le pietre servite per edificare le case a San Pietro e Seuna grazie all’attività dei secaprederis o quelle utilizzate per la realizzazione del lastricato del corso Garibaldi e l’intera piazza Satta.
Demis Murgia ha invece illustrato gli studi archeologici fin qui condotti sull’Ortobene, sottolineando come su questo fronte ci sia ancora tanto da fare e da scoprire per ricostruire con certezza quale fu la storia antica dell’uomo sul monte, la cui presenza è oggi testimoniata da diversi ritrovamenti. Secondo l’archeologo, con elevata probabilità l’Ortobene fu frequentato dai primi gruppi di homo sapiens, dediti alla caccia e alla raccolta di frutti spontanei. Di sicuro l’elevata rocciosità non ha consentito lo sviluppo di coltivazioni, se non in aree limitate, una delle quali è Sedda ‘e Ortai, come evoca lo stesso toponimo.
Renato Brotzu ha curato l’aspetto della vegetazione, spiegando che le attuali condizioni ambientali della montagna sono principalmente il risultato dell’azione dell’uomo fin dalla preistoria. Nel corso delle epoche, infatti, l’uomo ne ha modificato l’aspetto, in particolare con interventi distruttivi: dal disboscamento per fini economici, agli incendi per creare pascoli, fino all’assidadura, pratica esercitata nelle annate di siccità e negli inverni rigidi e che consisteva nel taglio indiscriminato dei rami più importanti degli alberi più rigogliosi. La situazione rimase tale fino ai primi del Novecento, quando venne istituita l’Agenzia del demanio della Sardegna. A partire da allora vennero messe in atto grandi opere di rimboschimento e sistemazione idraulico-ambientale per rimediare ai danni dell’uomo, l’ultima delle quali è successiva al devastante incendio del 1971. Il naturalista ha poi illustrato lo studio svolto sulla ricchezza e varietà di vegetazione e funghi presenti sul monte, attraverso una meticolosa catalogazione di tutte le specie note.
La fauna dell’Ortobene è stato, infine, l’argomento al centro del lavoro di Domenico Ruiu. Oltre a elencare le specie di animali attualmente presenti, il naturalista si è soffermato su quelle che hanno popolato le pendici e le vette del monte e ora sono estinte. La passata presenza di alcune di queste è storicamente accertata. Come quella dell’avvoltoio monaco, un cui esemplare fu abbattuto nel 1960 lungo il Rio Locula e un pulcino fu fotografato in una casa di Lollove. Altra specie presente era il gipeto, la cui scomparsa Ruiu colloca nel 1956 quando un esemplare venne abbattuto nella valle di Isalle, vicino al monte Jacu Piu dove fu avvistato più volte. Ma la sua presenza è ricavata anche da un racconto dello scultore Francesco Ciusa nello scritto “Pagine per una autobiografia”, in cui l’artista racconta di quando, da giovanissimo, si recò sul monte insieme a degli amici per cercare di prendere, senza riuscirci, un pulcino di “avvoltoio” e descrivendo poi con dovizia di particolari il comportamento in volo di un esemplare avvistato dopo la fallita spedizione, da cui si evince che non poteva trattarsi che di un gipeto. Altre volte la probabile esistenza in antichità di altre specie sul monte è invece dedotta grazie ai toponimi, come Corra cherbina e Sinzales ‘e cherbos che lasciano presumere la presenza del cervo sardo. E proprio ai toponimi Domenico Ruiu dedica anche un capitolo a parte con una serie di racconti storici, così come un capitolo è riservato ai personaggi nuoresi legati per diversi motivi al Monte Ortobene: da Grazia Deledda a Sebastiano Satta, da Elettrio Corda a monsignor Ottorino Alberti, dal sindaco Antonello Mele ai fratelli Sacchi, fino a Nicola Porcu e Vincenzo Jerace.
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