CAGLIARI. Prima regionale per Rondò final, il film che attraversa per immagini un rito fuori dal tempo - quello della festa di Sant’Efisio - che si ripete da 365 anni pressoché immutato. Un immaginario visivo che riflette sul cinema, sullo sguardo, sui riti, sulle comunità.
Appuntamento a Cagliari, domenica 19 dicembre alle 11 al Greenwich di via Sassari, e lunedì 20 dicembre alle 20,00 all’UCI-Cinemas di piazza Unione Sarda, nell’ambito della rassegna Cinema di seconda mano 3.
Saranno presenti gli autori del film, alcuni membri della troupe e il direttore della Cineteca Sarda Antonello Zanda.
Il lavoro di Gaetano Crivaro, Margherita Pisano e Felice D’Agostino, prodotto da Ruga Film e L’Ambulante con la partecipazione di Virage, sostenuto dalla Società Umanitaria Cineteca Sarda di Cagliari e realizzato con il contributo della Legge Cinema della Regione Sardegna, ripercorre cento anni di immagini filmate della festa, immagini cercate e ritrovate, frammenti di pellicola, nastri di famiglia, pixel. Un lavoro di montaggio che si fa esperienza, alla ricerca di quello che sfugge, di quello che resta, in un tempo sospeso tra sogno e ricordo.
In concorso internazionale al Vision du Réel, unico film italiano in concorso internazionale al Festival dei popoli per la sezione mediometraggi, Rondò final è stato accolto con entusiasmo e interesse dalla critica e dal pubblico di tutta Italia, ed è reduce dalle ultime proiezioni alla 46esima edizione del Laceno d'oro in Campania, e al festival Unarchive di Roma dedicato al cinema d'archivio.
Il titolo del film riprende uno dei più vividi racconti della festa cagliaritana del primo maggio, quello tratteggiato da Sergio Atzeni nell’omonimo Rondò final, pubblicato postumo nella raccolta I sogni della città bianca. Le parole dello scrittore risuonano nel film sino a ricostruire la suggestione di un tempo sospeso, di uno spazio altro: «Un attimo di sospensione, nell'aria: come la pausa di silenzio di un'orchestra, un attimo prima del rondò final».
Tutto parte da un’immagine, un quadro capace di racchiudere in sé passato, presente e futuro. E del rituale inizia il processo di accumulazione, di immagini e suoni, che dura anni, che si ripete negli anni e si fa archivio. E non sazi si esplora in altri sguardi, o nei propri sguardi proiettati su immagini altrui. Si esplorano alcuni fondi filmici conservati dalla Cineteca sarda di Cagliari, (come il fondo di Nino Solinas, Salvatore Bruno, Antonio Vodret, Francesco Muntoni, Fausto Lai e altri) e si cercano e si incontrano altri sguardi ancora, come quello dell’antropologo Felice Tiragallo, o del cineamatore Salvatore Carboni.
Immagini, suoni, fogli di carta, testi letterari, pellicole, vhs, pixel, voci sussurate, avvisi da megafoni, canti, conversazioni telefoniche, tintinnii, sirene, passi, ombre di sguardi e tempi diversi.
Tutto diventa “archivio” da cui attingere per dirottare, deviare, sottrarre e comporre. Materiali appropriabili che diventano territori attuali da esplorare e reinterpretare. Nulla quindi resta archivio, perché tutto diventa materia viva.
Rondò final è frutto di un percorso molto singolare, generato da diversi passaggi.
Si colloca in un tempo lungo 7 anni, all’interno di alcuni progetti di ricerca e sperimentazione cinematografica (“Cinema di Seconda mano” e “Smontare e rimontare immaginari”), dedicati alla realizzazione di film a partire dal “riuso di filmati d’archivio” portato avanti dal laboratorio l’Ambulante con la collaborazione della Cineteca Sarda di Cagliari e finanziati dalla L.R 15/2006 della Regione Sardegna.
É un film di ossessiva ricerca che potremmo definire “di montaggio”: iniziato da due autori, proseguito in un laboratorio sui filmati cosiddetti “d’archivio”, e strutturato in forma di film dall'intervento dei tre registi.
Si nutre di una sperimentazione collettiva, che struttura e imbastisce il gioco del montaggio. L’Assemblea di Montaggio, composta da Arturo Lavorato, Gaetano Crivaro, Margherita Pisano, Felice D’agostino, Vittoria Soddu, Luca Carboni, Alberto Diana e Margherita Riva, in cui si guarda e riguarda, si marchia, si imprime, si taglia, si intreccia, si rallenta, si contrappone.
Il gioco di accostamento e composizione che abbiamo intrapreso attraverso gli archivi è stato guidato da una volontà di esplorare il sensibile, di costruire delle partiture aperte, che interrogassero di volta in volta lo sguardo, il punto di vista da cui si osserva, il punto di ascolto, il meccanismo attraverso cui si genera un’immagine. Il film si compone per la maggior parte di filmati realizzati da cineamatori, spesso privi di suono. Il dispositivo del film si struttura in base a questo vincolo, e al rapporto tra immagine e suono dove il suono, costruito per la maggior parte dalle sonorità della festa raccolte in diversi anni, potrebbe sembrare diegetico, ma rivela costantemente la sua non appartenenza, giocando continuamente una tensione tra adesione e distanza, tra somiglianza e conflitto, tra visibile e immaginabile. Menzogna dichiarata, che apre un vuoto di senso. Che apre a molteplici derive, tra la moltitudine di sguardi, interni, esterni, accalcati sui bordi o distanti alla folla, alla festa, allo spettacolo. Lo spettatore può scegliere. Può scegliere se credere nella menzogna del montaggio, sapendo che mente... è dunque lo spettatore, grazie alle sue scelte, ai suoi desideri, alle sue credenze che farà il film (esattamente come lo spettatore del rito di Sant’Efisio crea la festa partecipando con il suo sguardo)
- Redazione